Un po’ di dissing (controllare il dizionario boomer-giovani) fa sempre bene al dibattito, ma non tutti la prendono con lo stesso spirito. Ci riferiamo ad un comunicato stampa di cui abbiamo parlato qui che contesta alla vigilanza privata di avanzare pretese sulla tutela della persona in materia di movida. Bastiancontrario non ha perso l’occasione per affilare gli artigli sul piano giuridico e politico. Noi ci limitiamo a dire che se il dissing (avete controllato il dizionario boomer-giovani?) serve ad aprire un dialogo costruttivo, allora w il dissing e la gen z.
Una guerra fra poveri
Come anche il mio unico lettore avrà notato, in questi giorni gira un comunicato stampa a firma congiunta di due associazioni di categoria del settore sicurezza (nella sua accezione più lata).
Sul comunicato avrei un paio di considerazioni di natura (pseudo) giuridica e politica.
Partiamo da quella (pseudo) giuridica: il comunicato denuncia il tentativo di alcune non meglio individuate rappresentanze della vigilanza privata di estendere il proprio ambito operativo, “avanzando pretese sulla tutela dell’incolumità delle persone nel contesto delle manifestazioni serali e della cosiddetta movida…”.
Ora, intanto la possibilità riconosciuta, dal decreto del 2009, agli addetti ai servizi di controllo di agire “anche ai fini della tutela nell’incolumità delle persone” (all’interno dei locali di pubblico spettacolo) non rappresenta certamente un’esclusiva – che, invece, è e resta unicamente dello Stato.
Ciò premesso, la possibilità di collaborare alla gestione degli eventi (ed alla connessa tutela dell’incolumità) è riconosciuta dalla legge ai soggetti muniti della licenza prevista dall’art.134 TULPS, ovvero istituti di vigilanza e di investigazione. E’ quindi evidente che la vigilanza privata non ha bisogno di “avanzare pretese”, visto che per legge è un soggetto deputato a svolgere tale attività! Si tratta quindi di uno svarione in termini giuridici che appare, però, significativo sotto il profilo (pseudo) politico.
E qui veniamo al secondo punto: questo comunicato – peraltro basato, come detto, su presupposti sbagliati – è paradigmatico di un atteggiamento ancora molto diffuso tra le rappresentanze del settore della sicurezza privata, la guerra di tutti contro tutti di hobbesiana memoria.
Quello della sicurezza privata è un settore, tutto sommato, piccolo, con numeri non strabilianti e, proprio per questo motivo, mai particolarmente “attenzionato” dalla politica o dalle istituzioni (o, peggio, quando lo è stato, in maniera negativa). Un settore, quindi, che avrebbe assoluto bisogno di unità, di fare massa critica onde potersi presentare agli interlocutori istituzionali con la forza data dalla coesione (anche in termini di numeri). Invece, la caratteristica principale sembra essere quella di procedere alla spicciolata, alla rincorsa di piccoli benefici apparenti per alcuni, talvolta a prezzo di danni reali per tutti.
Continuando con iniziative quali quella che qui stiamo commentando, si riuscirà solo ad ottenere il risultato di far apparire il settore sempre più spaccato, inconsistente e senza una visione di lungo periodo che, invece, sarebbe necessaria quando si vogliono affrontare sfide come quella dell’apertura della tutela della persona al privato. Sfida complessa che opporrà buona parte della politica e le istituzioni di riferimento al settore e per affrontare la quale, ribadisco, serve unità. Invece in questa sfida la controparte non dovrà neanche faticare per cercare di applicare il famigerato principio del divide e impera perchè il settore si divide da solo, impegnato com’è a fare guerre tra poveri.
Bastiancontrario