Coopservice: da storica cooperativa di vigilanza privata nella rosa delle top five del settore, è oggi una SpA a vocazione tecnologica, più vicina al mondo dell’integrazione di sistemi di sicurezza. Come, perché, con quali obiettivi e cosa resta di guardie giurate e operatori fiduciari? Ce lo racconta Sabino Fort, Commercial Director di Istituto di Vigilanza Coopservice S.p.A.
Da cooperativa di vigilanza a spa a vocazione tecnologica. Perché e con quali obiettivi?
L’obiettivo, certamente ambizioso, è cambiare il paradigma. Il mercato da anni non è più lo stesso. Dobbiamo intercettare le nuove esigenze offrendo soluzioni evolute, dare risposte integrate, multifunzionali ed innovative, con una forte spinta tecnologica. Un processo che richiede una struttura aziendale ed un’organizzazione di supporto adeguate. Per questo lo scorso luglio Coopservice ha conferito il ramo d’azienda della Security in una società per azioni autonoma ed è nato l’Istituto di Vigilanza Coopservice S.p.A.
Il logo attuale specifica “security services provider”. Abbandonate del tutto il vecchio asset?
Siamo fieri della nostra storia che ci ha permesso di raggiungere importanti traguardi. Ci teniamo ben stretta l’enorme qualità e quantità di competenze che abbiamo maturato in 40 anni di attività. Del mondo cooperativo conserviamo gelosamente anche l’impronta etica della cura e della dignità del personale e l’approccio al mercato da Global Service Provider. Teniamo dunque un piede ben piantato nella nostra tradizione di qualità, ma ci apriamo a nuovi orizzonti posizionandoci oggi come System Integrator a trazione tecnologica. L’attuale dirigenza della Spa è di fatto un mix tra riconosciuti e grandi esperti del settore con importanti competenze operative e gestionali e nuovi manager che provengono da settori diversi dalla sicurezza: l’obiettivo è consolidare la nostra leadership nel mercato della Pubblica Amministrazione e crescere nel settore Privato anche tramite acquisizioni pure in ambito di sola tecnologia.
Dunque addio gpg e operatori fiduciari?
Certo che no: la persona è ancora al centro dei nostri servizi. Ma ascoltiamo con ancor più attenzione le esigenze del cliente per fornirgli una risposta sartoriale e convergente, perfezionando l’offerta tradizionale di portierato/guardia armata/intervento per esplorare tecnologie che possono integrarsi al meglio con la componente umana ottimizzando ed elevando il grado di sicurezza nei diversi ambiti. Perché non sempre il piantonamento fisso o l’intervento su allarme sono l’unica risposta alle esigenze dei committenti.
Mi fa un esempio?
L’intelligenza artificiale, oltre ad efficientare il lavoro degli addetti alla televigilanza e dunque ad ottimizzare gli interventi, raccoglie un’infinità di dati che possono essere utilizzati per prevenire il rischio. Non si tratta più quindi solo di intervenire su un allarme ma di impedire l’accadimento della minaccia stessa con alert mirati, verificati e intelligenti. E ci sono molte altre funzionalità di impiego dei dati: dall’efficientamento energetico alla business intelligence. Potremmo dire che ad oggi la centrale operativa (ne abbiamo dieci, di cui due certificate antincendio ed una tecnologica) è il vero cuore della nostra offerta perché convoglia e gestisce tutti questi dati su un’unica piattaforma, permettendo di trasformarli in servizi e informazioni fruibili.
Vi collocate a tutt’oggi nella top five del comparto vigilanza: non può quindi mancare una domanda sul CCNL. Temete azioni della Procura legati ai salari dei fiduciari?
Siamo da sempre attenti alla qualità del lavoro e della vita dei nostri collaboratori. Siamo disponibili (lo eravamo anche in tempi non sospetti, assai prima che la bufera giudiziaria travolgesse il settore) ad ascoltare e valutare ogni miglioramento che possa impattare sugli operatori e di conseguenza sui clienti. Ma è essenziale che gli incrementi necessari del costo del lavoro si possano condividere con la committenza e non pesino solo sul datore di lavoro. Dalla controparte pubblica ci aspettiamo quindi un atteggiamento di attenzione e sensibile su questi temi, anziché battersi sul campo di gare di appalto al minimo ribasso. Certamente la situazione si deve sbloccare. Nel secondo semestre 2023 abbiamo misurato un crollo del numero di bandi perché oggi è di fatto difficile definire una base d’asta congrua.