3.436.779.480 euro: questo il fatturato delle imprese di vigilanza privata e sicurezza certificate secondo l’ultimo “Osservatorio Federsicurezza” elaborato da Format Research. Un tesoretto dominato dalle medie e grandi imprese, che insieme producono oltre il 90% del volume di affari. Ma guardando ai costi di produzione, il margine si riduce al 2,3%: non è quindi un caso che il 16% delle imprese lavori in perdita e solo un terzo delle imprese arrivi a marginare il 4%. In questo scenario, il Covid ha agito da moltiplicatore di criticità: oltre il 60% delle imprese ha rilevato un peggioramento e il 31,3% teme di dover chiudere i battenti. Oltre al peggioramento della liquidità e all’assenza di ristori, il 49% delle imprese è dovuto ricorrere alla CIG. Nonostante tutto, oltre il 47% delle imprese ha effettuato investimenti nell’ultimo biennio o pensa di effettuarli nei prossimi due anni. La propensione all’investimento tecnologico e alla digitalizzazione, unitamente alla caratteristica labour intensive del settore, lo perimetrano come “resiliente”, al punto da rientrare – chi mai l’avrebbe detto? – nei parametri di appetibilità secondo le linee guida del Recovery Fund. Ma non ci lamenta sempre dell‘impossibilità di fare margine e addirittura di lavorare nello stesso perimetro della legalità, tanto che si stagliano sempre più voci nostalgiche delle tariffe di congruità? Che lettura dare di dati così apparentemente contraddittori?