A Casoria c’è scappato il morto, l’ennesimo di una lunga serie di vittime. E ci sono andati di mezzo anche dei comuni cittadini, che avevano la sola colpa di trovarsi lì per caso. Il tutto nell’indifferenza delle istituzioni e dei media: niente funerali di stato, telefonate di circostanza nè televisioni. Solo la disperazione delle famiglie e dei colleghi. Ma quand’è che si penserà seriamente alla sicurezza delle guardie giurate? Quand’è che si smuoverà quell’ottusa coscienza nazionale che si ostina a non fornire a dei lavoratori che maneggiano armi (e non patate) degli strumenti concreti per operare in condizioni decenti?
Vi pare normale che le gpg non possano far spostare veicoli e persone che si trovano davanti a un bancomat o alle poste, nemmeno durante le più pericolose operazioni di carico e scarico di valori?
E vi pare normale che gente che rischia la pelle ogni santo giorno e che ha giurato fedeltà allo stato non possa identificare i soggetti o i mezzi che potrebbero rappresentare un intralcio, o peggio una minaccia, per il loro lavoro?
“E’ necessario attivare immediatamente un tavolo di concertazione ove tutti gli enti interessati (Ministero degli Interni, Ministero della Difesa, Associazioni degli Istituti di Vigilanza Privata, Abi, Poste Italiane, Federdistribuzione, altri gestori di obiettivi sensibili) studino le misure necessarie ad abbattere il fattore rischio” – dichiara Luigi Gabriele, Presidente di Federsicurezza.
Quali? Accorgimenti apparentemente banali, che però diventano vitali se si maneggiano quantità enormi di denaro: spazi riservati alla sosta dei furgoni portavalori presso ogni banca; ingressi esclusivi per le guardie che evitino il contatto con il pubblico; una stanza inaccessibile al pubblico per lo scambio dei valori; box blindati ove le guardie possano svolgere un ruolo di deterrenza più sicuro; metal detector installati obbligatoriamente in tutte le sedi oggetto di trasporto e scambio valori. Sembra così ovvio: possibile che non ci abbia mai pensato nessuno?
Il problema, come sempre, sono i soldi. Ma se davvero “la sicurezza è un bene collettivo primario – dice Gabriele – gli oneri di queste e di altre misure di sicurezza potrebbero essere posti, almeno parzialmente, a carico della fiscalità generale, prevedendo un significativo contributo da parte degli Enti fruitori del servizio. Di queste misure minime, a partire da subito, FederSicurezza si farà promotrice ed interprete presso Parlamento, Ministero dell’Interno e Governo tutto.”
Noi ne prendiamo atto, con l’amaro in bocca di chi sa già che le casse dello stato raramente si apriranno per tutelare la vigilanza privata, da sempre figlia di una divisa minore.