Investigatori privati, una categoria incompresa

14 Feb 2011

di Ilaria Garaffoni

Riceviamo e pubblichiamo un altro commento sul DM relativo alla capacità tecnica, stavolta di matrice CON.IPI (Confederazione Nazionale Investigatori Privati Italiani). Una “storiella gastronomica” che sembra nascondere una morale amara: gli investigatori sono una categoria incompresa nelle sue peculiarità.

Salve direttore,

sono Franco Marella, delegato Puglia della CON.IPI (Confederazione Nazionale Investigatori Privati Italiani). Mi perdoni, vorrei parlare solo degli investigatori, posta la mia lacuna nel mondo della vigilanza privata. Vorrei raccontare la storia della cotoletta-investigatore. Alcuni commensali, in una simpatica osteria, ordinarono una succulenta grigliata: manzo, pecora, asino, maiale, etc. sotto forma di salsicce, bistecche, costine, etc. L’oste dopo una mezz’ora posò sul tavolo due piatti fumanti: in uno bistecche, salsicce e costine; nell’altro cotolette, o meglio della carne tagliata in modo obbrobrioso agli occhi dei “carnivori”. Come ovvio, il primo piatto in men che non si dica fu “razziato”. Il secondo rimase lì con un leggero disappunto dei commensali, i quali chiesero all’oste che razza di carne era e perchè il taglio era diverso. L’oste, di origini francesi, spiegò, elogiò il proprio piatto e, alla fine, concluse che il taglio era quello classico della cotoletta francese. I commensali, capirono che avevano di fronte un “priore” della materia e dinnanzi alla loro scarsa conoscenza – pur di far venire meno la propria felina inclinazione (leggasi azzannare la bistecca) che mal si concilia con la cotoletta che spesso va gustata con garbo e bon tonv– tributarono una serie di consigli (uno balbettava, l’altro si teneva la fronte, l’altro godeva della sua pancia, l’altro ancora si girava attorno, uno poi si stava appisolando): la cotoletta va “spiallata”, no, forse è meglio impanarla, no, deve essere al sangue, ma che dite, va imbraciolata e va servita con coltello e forchetta, ma no, no, la cotoletta è…insomma, alla fine l’oste capì che non era cosa e pensò che la sazietà stava giocando brutti scherzi.

Caro direttore, la morale è: la cotoletta è un pezzo di carne che apporta gli stessi nutrimenti, al pari, più o meno, di qualunque altro pezzo di carne e può essere cucinata come meglio aggrada. Gli investigatori sono stati trattati con lo stesso piglio dei commensali – falsi tolleranti, saziati quanto basta. Tutti si sprecano a dare suggerimenti, tutti sono capaci di indicare la “dritta”, tutti si arrogano il diritto di dare consigli, tutti si identificano nella figura dell’investigatore, addirittura leggo la nota del Dr. Acunzo che suggerisce lo screening aziendale, ma a nessuno viene in mente di chiedersi cos’è la cotoletta (leggasi investigatore e investigazioni private), come va cucinata (leggasi regolamentazione), come va servita (leggasi macro aree professionali), come va gustata (leggasi rapporto con l’utenza), qual è l’apporto nutrizionale (leggasi equilibrio, rispetto, deontologia, libera professione), a chi va data e a chi no (leggasi curricula, praticantato, titolo di studio, dipendenti, rapporti con le FFPP). Personalmente ritengo che il DM abbia degli spunti su cui vale la pena confrontarsi, penso pure che, a parte le dotte (s)considerazioni, non sarà il mercato a dettare le leggi ma unicamente il vil denaro.

Grazie Franco Marella

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