Il 15 febbraio 2022 potrebbe essere un giorno nero per molti Istituti di Vigilanza Privata. Tra 27 giorni entrerà infatti in vigore l’obbligo vaccinale per tutti i lavoratori over 50, guardie giurate incluse. Ma tra malati, quarantenati, lavoratori in attesa di vaccino o sospesi perché non vaccinati, le imprese potrebbero trovarsi a corto di personale. E non parliamo di personale qualunque, ma di operatori che devono disporre di un decreto che le Prefetture rilasciano in 90 giorni (quando va bene, cioè mai). Ne parliamo con Anna Maria Domenici, Segretario Generale di ConFederSicurezza.
Obbligo vaccinale per i lavoratori over 50: quali ripercussioni potrebbero esserci sull’organizzazione del lavoro?
Stando alle nostre rilevazioni, la massima parte dei lavoratori del settore è già vaccinata. Tenga anche presente che le guardie giurate sono state molto esposte al virus sin dalla prima ondata, quindi il vaccino è stato in genere accolto favorevolmente. Resta però il fatto che, oltre alla questione dei non vaccinati, le regole per le quarantene cambiano di giorno in giorno e variano anche in base alla distanza temporale dall’ultima dose, quindi alcuni associati ci stanno segnalando problematiche. I 90 giorni concessi alle Prefetture per il rilascio del decreto di GPG si allungano infatti a dismisura già in condizioni normali per l’endemica carenza di personale che affligge gli uffici periferici del ministero dell’Interno. Alle lungaggini burocratiche che diremo “fisiologiche” si sono poi sommati ulteriori ritardi dovuti alla pandemia, che si sono intensificati da quando è partita la quarta ondata (che ovviamente sta colpendo anche Prefetture e Questure).
Quindi cosa si può fare?
Abbiamo già segnalato la questione alle Istituzioni, chiedendo di snellire le pratiche e di alleggerire gli incartamenti più legati a questioni strettamente burocratiche (su tutte le parti legate alla valutazione del candidato GPG non si può ovviamente transigere), ma temo che il problema permarrà. Consideri che il settore della sicurezza privata italiana, secondo l’Osservatorio promosso da ConFederSicurezza, risulta composto da 1321 aziende, il 50,6% delle quali conta un numero di addetti compreso fra 1 e 9. Pochissimi istituti di vigilanza privata (solo il 3% del campione) impiegano oltre 249 addetti e potrebbero (ma comunque con difficoltà) vantare un bacino di lavoratori già decretati e pronti a sostituire chi non ha, o non ha ancora, il green pass, o anche solo i malati o i quarantenati, vista la velocità con la quale si propaga la variante Omicron.
Ma senza personale correttamente qualificato non si rischia anche di ridurre la qualità dei servizi?
Sicuramente. E si tenga bene a mente che i servizi di sicurezza privata, al di là della denominazione, presentano una ricaduta importante sul piano pubblico e sociale: hanno una forte funzione deterrente, impattano positivamente sul sentiment di sicurezza dei cittadini, incidono sulla libertà personale – di uscire, di fare acquisti, di viaggiare, di lavorare, di vivere serenamente. Quindi – e questa è una battaglia che ConFederSicurezza porta avanti da tempo – i servizi di sicurezza privata meriterebbero almeno di godere di un’IVA agevolata, offrendo un bene primario al pari della salute o dell’istruzione. Tenga presente che se il nostro settore si fermasse per un giorno, si fermerebbe l’intero paese: i pensionati non potrebbero ritirare la pensione, i bancomat sarebbero vuoti, in molte realtà non si potrebbe nemmeno entrare perché nessuno scansionerebbe i bagagli a mano, controllerebbe la temperatura, i titoli di accesso, il corretto distanziamento. Noi siamo un servizio essenziale, sarebbe ora che il Governo se ne accorgesse.