La lettera di Alberto Manin intitolata “La riforma creerà solo disoccupazione” (clicca qui per leggere il testo integrale) ha originato un vivace dibattito, sia sulle pagine di www.vigilanzaprivataonline.com, sia sui numerosi gruppi di discussione attivati sul nostro profilo e sul nostro gruppo su Facebook.
Ed infine è arrivata la risposta ufficiale di un autorevole funzionario del ministero dell’Interno, ampiamente coinvolto nella stesura del Decreto sulla c.d. capacità tecnica.
Gentile Direttore
vorrei rispondere al vostro lettore Alberto Manin, che ha inviato la lettera “La riforma creerà solo disoccupazione”.
Preciso innanzitutto che vi sono delle inesattezze. Intanto vigilanza privata ed investigazione non sono trattate nella stessa maniera; poi i titoli di studio sono il minimo indispensabile (il diploma per la vigilanza non mi sembra un titolo eccessivo; per contro la laurea triennale per un professionista dell’investigazione è – direi – necessaria), ma, in ogni caso, i soggetti già titolari di autorizzazione godono di un sistema privilegiato (con licenza da almeno 5 anni il requisito è assolto; con licenza da meno di 5 anni basta un corso di perfezionamento).
A tale proposito, va chiarito che ancora non è stato stabilito nulla per questi corsi (quello di Campobasso è solo un esperimento, peraltro nato prima del decreto) e con la Commissione consultiva centrale – di cui fa parte anche un rappresentante del ministero dell’università – saranno individuati i percorsi e le convenzioni necessarie a rendere il più facilmente esperibili tali corsi e le modalità degli stessi.
Ciò detto, è evidente che la riforma comporterà sacrifici per le aziende sane ma, rendendo impossibile di fatto a chi opera nell’illegalità e nell’approssimazione di continuare a lavorare, porterà nel medio periodo un beneficio in termini di qualità del lavoro e redditività per le aziende sane e per le guardie giurate dipendenti. Credo inoltre che molte preoccupazioni infondate siano legate alla scarsa conoscenza del decreto sulla capacità tecnica ed alla sua reale ricaduta sulle aziende.
In questo senso, forse, gli imprenditori dovrebbero attivarsi, per esempio realizzando uno screening dell’azienda finalizzato a capire in che posizione si trovi rispetto alle nuove norme e di quali investimenti, modifiche, riorganizzazione necessiti per raggiungere lo standard prefissato.
Cordialmente,
Vincenzo Acunzo
Sostituto Commissario e Coordinatore dell’Unità Vigilanza privata presso il Ministero dell’Interno
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