Certificazione nella vigilanza privata: importanti chiarimenti

22 Feb 2016

di Ilaria Garaffoni

Vincenzo AcunzoChe il processo di certificazione non sarebbe stato gradito dagli istituti era comprensibile. Ed era altrettanto comprensibile che nelle prime fasi sarebbero sorti dei problemi. Resistenze degli istituti e dubbi interpretativi hanno messo però in difficoltà gli stessi enti certificatori, tanto che qualcuno si è beccato la sanzione – poi rientrata, ma tant’è. E se è vero che attualmente solo 183 istituti su 800 sono certificati per i servizi, che solo 153 professionisti certificati lavorano negli istituti e che ci sono soli 7 centrali a norma  europea, forse qualcosa andava chiarito. Ottima quindi la riunione del 16 febbraio presso Accredia, dove Ministero dell’Interno, enti di certificazione e rappresentanze della vigilanza privata hanno sviscerato le questioni più spinose. Un elenco di FAQ verrà presto reso scaricabile sul sito di Accredia: nelle more sentiamo qualche anticipazione da Vincenzo Acunzo, Coordinatore dell’UO vigilanza privata del Dipartimento di Pubblica Sicurezza presso il ministero dell’Interno.

Quali problemi interpretativi avete riscontrato?

Più che problemi di natura interpretativa, abbiamo rilevato un errore di impostazione. Nel settore sicurezza, l’approccio non può essere quello tipico del certificatore volontario (che ad esempio accetta un’autodichiarazione o la semplice richiesta di un documento all’autorità competente): qui siamo nel campo nella certificazione cogente, per giunta nella sfera delle norme di polizia. Nessuna interpretazione o flessibilità può quindi essere ammessa: l’organismo di certificazione deve “fare da notaio”, verificando l’esatta applicazione della norma.

Quali punti avete toccato?

Moltissimi. Tra le decisioni più rilevanti, quella di concordare con UNI l’emanazione di una direttiva per l’applicazione della norma EN 50518 sulle centrali operative con particolare riferimento al settore della vigilanza. La norma europea nasce infatti per altre tipologie di centrali tecnologiche e alcune previsioni possono risultare ridondanti.

E gli Istituti che sono già conformi? Saranno danneggiati dagli “sconti” che farà l’UNI?

Non ci saranno sconti né danni per chi si è già adeguato. La norma stabilisce solo le misure minime: chi andrà oltre ne beneficerà sul fronte competitivo.
Ricordo poi c’è ancora un anno di tempo per adeguare le centrali.

Qualcuno ha rilevato che le Prefetture e le Questure non hanno censurato a sufficienza la mancata o incompleta certificazione. Il risultato è proprio ciò che si voleva evitare: applicazioni diverse territorio per territorio…

Dirameremo a breve una circolare per monitorare quali provvedimenti siano stati adottati da Prefetture e Questure verso gli Istituti che non abbiano prodotto nemmeno il contratto con l’ente certificatore. Al netto di questo monitoraggio, si tratta del primo caso in cui in un settore controllato dall’Autorità di p.s. ci si avvale della certificazione di qualità.
E’ comprensibile che, almeno in questa prima fase e per una forma di “diffidenza professionale”, le autorità periferiche non abbiano ancora apprezzato appieno il plusvalore della certificazione, forse influenzate dal fatto che i controllori, brutale ma vero, vengono pagati dai loro controllati.

In un position paper siglato da quasi tutte le rappresentanze datoriali della vigilanza si propone di stilare un elenco, presso il Ministero, con la lista degli Istituti certificati. Cosa ne pensa?

L’iniziativa di stilare l’elenco degli IVP certificati presso il ministero era già nei programmi di questa Amministrazione, quindi lo faremo senza dubbio. Naturalmente sarà propedeutico completare prima il monitoraggio sullo stato della certificazione e sui provvedimenti sanzionatori eventualmente elevati.

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