Ne parliamo con Vincenzo dell’Orefice, Segretario Nazionale di FISASCAT-CISL
Attraverso l’accordo separato, il CCNL diventa di fatto un contratto di regole, mentre la partita economica si gioca principalmente sui contratti territoriali. Quali sono a questo punto i temi sul tavolo della trattativa di rinnovo del CCNL?
Occorre preliminarmente sgomberare il campo da possibili focolai di equivoci: con il Protocollo sulla riforma degli assetti contrattuali sottoscritto il 22 gennaio 2009 non si è privilegiata una strada “ribassista” in tema di contrattazione, anzi. Sulla demagogia e le mistificazioni spacciate per verità assolute ed incontrovertibili da parte di chi quell’intesa non ha condiviso, debbono prevalere i fatti concreti e provati, i dati reali. E questi dati ci dicono che l’indicatore sul quale si baseranno i futuri aumenti contrattuali, cioè l’IPCA al netto dei beni energetici importati, è sensibilmente superiore all’inflazione programmata, cioè all’indice stabilito nell’Accordo del 23 luglio ’93.
A riprova, ciascuno può consultare il DPEF 2009-2013, che, per esempio, per il periodo 2009/2013 dà all’1,5% l’aumento per ciascun anno dell’inflazione; la tanto, ed immotivatamente, bistrattata IPCA, invece, dà +1,5% per il 2009, + 1,8% per il 2010, +2,2% per il 2011 e +1,9% per il 2012. Di fronte ai dati la malafede soccombe! Fatta questa doverosa precisazione e ribadendo che il CCNL, in una logica solidale e perequativa insieme, debba rappresentare una cornice unitaria e generale di trattamenti e condizioni per tutti i lavoratori dei vari settori, per noi della Fisascat è essenziale che la parte di salario legata alle performance di efficienza e produttività vada contrattata laddove quell’efficienza e quella produttività vengono create. E dico questo non perché risenta del suggestivo richiamo dell’astrazione, ma perché la storia recente di questo Paese ci ha dimostrato che il salario legato alla produttività lo negoziamo soltanto a livello decentrato, non a quello nazionale.
I temi sul tavolo della trattativa del CCNL per i dipendenti da istituti di vigilanza privata sono quelli sintetizzati nella nostra piattaforma. Per noi è, prima ancora che opportuno, necessario che nel prossimo CCNL si metta mano a questioni insolute e gravanti da tempo sul settore nella sua interezza: una disciplina più chiara e cogente sul cambio d’appalto, per esempio, è materia irrinunciabile quanto il salario; una riforma del sistema di classificazione per dare compiuta qualificazione alle evoluzioni delle professionalità delle GPG e concepita nell’ottica della “filiera” della sicurezza complementare è argomento quanto mai urgente da affrontare; un intervento di “manutenzione ordinaria” sull’orario di lavoro è indubbiamente opportuno. E a queste priorità, che generalmente attengono l’ordinario confronto fra attori negoziali, se ne affianca un’altra aggiuntiva: la regolazione contrattuale della pletora indistinta dei servizi fiduciari collaterali alla vigilanza armata prestata da privati. Occorre ricondurre nell’unica cornice del CCNL, che vogliamo tenacemente rinnovare, anche la parte che di questi servizi è univocamente prossima alla sicurezza complementare. Occorre guadare le stantie acque di una vigilanza privata che non esiste più e, passando per i necessari compromessi e le coerenti mediazioni, fare il CCNL della Sicurezza Complementare globalmente intesa; assumendo un dato innegabile: il costo e la retribuzione di un addetto (senza decreto e senza arma) non possono essere come quelli di una GPG.
Sui forum delle gpg si parla di un “rinnovo di contratto in perdita” perchè “per il rinnovo della parte economica si parla di 58 euro in tre anni, mentre sul fronte del cambio d’appalto si avrà un azzeramento degli scatti danzianità ad ogni cambio. A fronte di un aumento annuo di 19,33 euro, le guardie ne perdono quindi 63,39 in scatti d’anzianità. Al primo cambio d’appalto il lavoratore perderà 44,06 euro. E stiamo certi che di cambi dappalto ce ne saranno decine: nellarco di una tornata contrattuale di 3 anni tra il 75% e il 90% dei lavoratori perderà in media tra i 1.000 e i 1.200 euro lanno di retribuzione. In pratica le aziende guadagneranno 45.000.000 di euro senza aumentare le tariffe alla clientela”.
Vogliamo dare qualche chiarimento alle guardie sui meccanismi della parte economica?
Torniamo ai fatti. Sinora al tavolo negoziale di salario non si è neanche lontanamente parlato; le cifre che girano, probabilmente, sono frutto delle sconclusionate speculazioni di qualcuno che è troppo avvezzo a fantasticare di cose insensate e ad alimentare disinformazione per ricavarne facili vantaggi; da costoro tutto si può pretendere tranne che si rassegnino ad una proficua frequentazione della categoria del reale. Alle GPG, invece, dobbiamo dei chiarimenti. Nella nostra piattaforma rivendicativa per il rinnovo del CCNL, e la stessa regola abbiamo seguito per il CCNL del Turismo, non abbiamo indicato la richiesta salariale per un semplice motivo: la base di calcolo sulla quale dovremmo applicare l’IPCA la dobbiamo definire e, quindi, condividere con le nostre controparti; proprio perché il Protocollo sulla riforma degli assetti contrattuali ha modificato le regole della contrattazione, rinviando ai singoli settori la regolazione di aspetti non secondari della dinamica contrattuale. La Fisascat propone che si stabilisca una base di calcolo convenzionale, inclusiva della paga base tabellare conglobata e di altre voci, sia pure non fisse, che costituiscono comunque una costante salariale in questo settore. Per dirla in maniera chiara, ricaviamo la base di calcolo per i futuri aumenti dalle parti connotate da una maggiore continuità comprese nella cosiddetta retribuzione di fatto! Nessuno può disconoscere che in questo più che in altri lavori, proprio per le peculiari caratteristiche intrinseche al servizio, una parte importante della retribuzione è da ricondurre a indennità che remunerano la particolarità caratteristica della prestazione. Tuttavia l’IPCA ed il recupero del differenziale fra l’indice d’inflazione utilizzato per stabilire gli aumenti nella scorsa tornata contrattuale e l’inflazione effettiva già danno un risultato economico superiore alle cifre, destituite di ogni fondamento logico e matematico, che girano indiscriminatamente. Alle GPG mi permetto di dire: guardate ai fatti e solo alle cifre scritte sui contratti, non a quelle spacciate per vere.
Relativamente al salario, per dovere di onestà, però, un dato storico va richiamato; e soprattutto occorre evitare l’esercizio della media statistica di trilussiana memoria. Partiamo da numeri certi e verificabili, anche questa volta. In occasione dell’ultimo rinnovo del CCNL, generalmente – e a ragione, considerato un rinnovo positivo, che portò risultati importantissimi in termini salariali -, gli aumenti significativi che si strapparono relativamente alla paga conglobata, nel caso di un livello molto rappresentativo della categoria, cioè il quarto, portarono la paga base dai 1.078,88 euro ai 1.198,88 euro in un poco meno di quadriennio. Ripeto, un risultato significativo e di portata storica, perché il trend degli aumenti della categoria raramente ha conosciuto tale consistenza. Un risultato, tra l’altro, che portammo unitariamente. Quell’aumento, se si considerasse in relazione alla vigenza contrattuale, cioè dal maggio 2004 al dicembre 2008, darebbe circa 26 euro di aumento all’anno. Cosa dovremmo concludere, che fu un aumento irrisorio?! Assolutamente e decisamente no: una conclusione negoziale va valutata nella sua globalità; quel rinnovo portò un importante aumento di tutte le indennità, l’incremento dell’ammontare di tutti gli scatti di anzianità e l’esigibilità effettiva di diritti sino ad allora solo sulla carta in materia di previdenza e assistenza sanitaria integrative. Forse non hanno, anche questi istituti, un peso ed un’importanza significativa per le condizioni reddituali dei lavoratori e per i costi sostenuti dagli istituti? Mi permetto una sommessa proposta: si utilizzi il criterio della valutazione complessiva e comparativa per pronunciarsi sulla bontà o meno di un’intesa sindacale; non estrapoliamo un numero, sovraccaricandolo di valenze e significati impropri.
Altra leggenda metropolitana: il cambio d’appalto a perdere. Nulla si è stabilito sul cambio d’appalto. Sul tema, tuttavia, è necessario che si trovi una quadra, per il bene non solo dei lavoratori. Sempre seguendo il metodo empirico suggerito, partiamo da quel che abbiamo oggi: un articolato contrattuale sul cambio d’appalto che non sempre è utile al plurimo e dichiarato scopo di evitare i licenziamenti dei lavoratori dell’istituto “perdente”, di scongiurare la dispersione di professionalità formatesi o, quantomeno, consolidatesi sul servizio oggetto del cambio e, da ultimo ma non per ultimo, di garantire le stesse condizioni contrattuali alle GPG interessate dal passaggio. Le esemplificazioni solitamente non aiutano, ma ciò che va affermato in maniera chiara è che i lavoratori debbono evitare di perdere il posto e di conservare i diritti acquisiti, possibilmente stabilendo un’intesa a livello nazionale che rinvii parte della disciplina anche al livello di contrattazione territoriale: allo scopo di non imporre una media, necessaria a livello nazionale, e che potrebbe stare “stretta” a qualche territorio dove è concretamente possibile addivenire a soluzioni maggiormente confacenti alla situazione specifica che in quel contesto si vive.
Il rinnovo è un’occasione per definire il campo di applicazione del CCNL e per limitare lincertezza contrattuale di alcune figure professionali “atipiche” della vigilanza privata. Qual è la vostra posizione sull’argomento? Per il c.d. portierato, ad esempio, occorrebbe un contratto ad hoc o si potrebbe rimodulare il CCNL attuale?
Ho anticipato il mio pensiero rispondendo alla prima domanda. Occorrerebbe pensare in termini di settore “espanso”, di sicurezza complementare come filiera. Quando penso a questo settore, me lo raffiguro come una piramide: al vertice di questa piramide certamente c’è la GPG; alla base, credo, vi possa trovare posto la variegata pluralità di addetti ai servizi di cosiddetta portineria, antitaccheggio, steward, reception, e tutte le altre figure professionali che svolgono mansioni assimilabili ai servizi di custodia per i quali la legge non richiede né il decreto, né l’arma. Per intenderci, auspico che nel CCNL che rinnoveremo trovino cittadinanza sia le GPG impiegate sui servizi previsti dall’articolo 256 bis del Regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, sia le figure professionali che le dinamiche spontanee del mercato hanno creato in questi anni. Soltanto così salveremo il settore, ed assieme ad esso la categoria; altrimenti i numeri, che tenderanno sempre più ad assottigliarsi, a breve ci consegneranno un settore “bonsai”, micro, nano, che farà sempre più fatica a farsi ascoltare.
Nella Gazzetta Ufficiale n. 49 del 3 marzo 2010 è stato pubblicato il decreto 24 febbraio 2010 intitolato “Modifiche al decreto 8 agosto 2007 in materia di organizzazione e servizio degli assistenti sportivi, denominati steward, negli impianti sportivi “, che consente alle agenzie di lavoro interinale (rispetto alle quali il Ministero dell’Interno non ha peraltro potere, visto che sono prive di licenza di polizia) di espletare direttamente i servizi di stewarding negli stadi. Cosa ne pensa FISASCAT-CISL?
In realtà il recente decreto, rivisitando la precedente disciplina introdotta col decreto-ministeriale 8 agosto 2007, non dà la possibilità soltanto alle agenzie di somministrazione di espletare per conto delle società promotrici i servizi di stewarding negli impianti con capienza superiore alle 7.500 persone in occasione di competizioni calcistiche di professionisti: va oltre. Infatti allarga il novero dei soggetti che possono, in regime d’appalto, fornire questo servizio, includendovi pure le società di servizi. Senza ulteriore specificazione. L’unica condizione che debbono soddisfare queste società, così come le agenzie di somministrazione e le stesse società organizzatrici qualora svolgessero in proprio il servizio, è l’ottenimento del nullaosta del questore relativo ai requisiti personali e professionali degli steward.
Per non eludere la domanda, la nostra opinione rispetto al decreto è positiva, in quanto stabilisce, in maniera sufficientemente chiara, che gli steward debbano essere lavoratori subordinati; e in un servizio connotato da una instabilità intrinseca come questo non è cosa da poco. Inoltre crediamo che l’ampliamento dei soggetti autorizzabili sia in linea con le corrette logiche di mercato; in tal senso, speriamo che, anche nel campo degli istituti di vigilanza e delle loro associazioni nazionali, questo decreto assuma una valenza paradigmatica, affinché si comprenda che è del tutto anacronistico rimuginare sui fasti del passato e credere che vi possano ragionevolmente essere nicchie di attività al riparo dalla concorrenza e, in un certo senso, protette. Il vero paradosso, su cui chi sta trattando il rinnovo del CCNL dovrebbe riflettere, è che gli steward, che pure svolgono mansioni il cui contenuto ha certamente a che fare con la sicurezza complementare (si pensi ai servizi finalizzati alle attività di bonifica, prefiltraggio, filtraggio ed instradamento del pubblico all’interno dell’impianto sportivo, nonché di assistenza alle persone disabili e verifica del rispetto del regolamento d’uso dell’impianto), nell’attuale CCNL per i dipendenti da istituti di vigilanza privata non trovano riconoscimento contrattuale, cioè neanche sono previsti! Il settore non può trovarsi di fronte alle sfide del mercato con l’atteggiamento del nobile decaduto che stigmatizza le abitudini pacchiane degli arricchiti. Speriamo che questo decreto sia una salutare scossa per un mondo che ha necessità di ripensarsi radicalmente.