ROMA – Un “senza titolo” denso di contenuti quello presentato da Federsicurezza il 17 maggio nel suo Rapporto 2012. Contenuti drammatici, visto che, a fronte di un aumento degli Istituti di Vigilanza (da 933 a 966 unità), il fatturato del 2010 è rimasto fermo a 2,7 miliardi di euro. Le imprese, schiacciate tra un costo del lavoro che copre il 70% delle spese totali e da un forte indebitamento, non producono più utili. Risultato? Nel 2010 un’azienda su tre ha chiuso in perdita e si sono perse 3000 guardie giurate: alcune sono state rimpiazzate da servizi fiduciari, altre sono per la strada, come dimostrano i dati allarmanti sulla cassa integrazione.
Vista dall’Europa, la vigilanza privata italiana conta una guardia giurata ogni 1260 cittadini e ogni 565 rappresentanti delle forze dell’ordine. Il dato, di fonte CoESS, si potrebbe leggere ottimisticamente come un potenziale di crescita del 150%, oppure, più mestamente, come un elemento di sottosviluppo. Di certo solo Austria, Cipro e Grecia producono un fatturato, rapportato al PIL, inferiore a quello della sicurezza privata italiana (0,17% contro rispetto allo 0,4% della media europea).
La situazione non promette peraltro grossi margini di miglioramento, visto che il 2012 si caratterizza – un unicum nella nostra storia – per il contestuale aumento di disoccupazione, inflazione e pressione fiscale. Se alla politica del rigore non si affiancheranno adeguate politiche di sviluppo, la difficoltà potrebbe diventare irreversibile (Francesco Rivolta, Direttore Generale Confcommercio).
E’ vero che il settore dei servizi, rispetto ad altri, mostra una certa tenuta, ma anche il terziario ha bisogno di incentivi agli investimenti in innovazione – che non è un’esclusiva di chi produce tondini di ferro. Non dimentichiamo che dopo la caduta del 1993 sono occorsi 12 anni per recuperare il precedente tasso d’investimento (Mariano Bella, centro studi Confcommercio).
E se davvero, come recitano gli esperti, in futuro il focus dovrà puntare sugli allarmi per il segmento “small client”, la difficoltà sarà porre in essere strategie adeguate alla ridottissima capacità di spesa degli italiani. Secondo Confcommercio, reddito disponibile e consumi sono infatti tornati ai valori degli anni ’90, mentre il risparmio non è mai stato così scarno, anche perché, nel solo triennio 2011 – 2013, ogni italiano perderà 7000 euro di potere d’acquisto.
In questo scenario, dove verrà collocata la sicurezza nella scala delle priorità delle famiglie?
La domanda andrebbe primariamente rivolta alle imprese che producono sicurezza, dal momento che, secondo un’indagine Format Research, solo il 53,6% degli Istituti mostra di conoscere il DM 269/2010 (primo atto del processo di riforma che sta rivoluzionando il settore) e solo il 22,4% di queste imprese dichiara di conoscere pienamente i contenuti del decreto.
Ebbene, alle restanti imprese, e in generale a tutti, è bene ricordare che il DM capacità tecnica non sarà abrogato né prorogato, essendo peraltro direttamente applicabile in molte sue parti (il termine dei 18 mesi si riferisce solo all’adeguamento).
La politica dello struzzo non pare quindi lungimirante.
La stessa politica ha del resto portato allo scippo del CCNL di categoria, che dopo tre anni di trattative, si è visto sopravanzare da un contratto siglato da associazioni del tutto sconosciute.
Una certa responsabilità è però ascrivibile alle stesse imprese di settore, rammenta Luigi Gabriele (Presidente Federsicurezza): “il nostro comparto produttivo, in piena transizione normativa, si mostra in confusione organizzativa e strutturale, privo di acume lobbistico collegiale, travagliato da divaricazioni nella rappresentanza datoriale a dir poco lesive dell’insieme”.
E tuttavia la vigilanza privata è più che mai sotto i riflettori dell’Autorità Tutoria (al congresso era presente il Questore di Roma Francesco Tagliente ed era atteso il Sottosegretario all’Interno Carlo De Stefano), come pure dei politici – ci auguriamo non solo per l’imminente campagna elettorale – con la presenza dell’On. Osvaldo Napoli (PdL), vicepresidente ANCI, dell’On. Francesco Boccia (PD) e dell’On. Emanuele Fiano (responsabile sicurezza del PD).
Insomma, con i dovuti se e ma, potrebbero esserci le condizioni per porre finalmente le basi per una politica dell’ascolto. Ma di fronte ad un decisore che forse, una buona volta, dà ascolto alla vigilanza privata, il comparto sarà in grado di chiedere qualcosa di sensato ed univoco?