La storia della vigilanza privata al raduno delle guardie giurate in congedo

30 Apr 2013

di Ilaria Garaffoni

 

raduno-gpg-2013

PIACENZA – Erano in tanti a sfidare la pioggia battente del 21 aprile, e non erano tutti guardie giurate né tutti già congedati: c’erano anche famiglie, bambini e amici alla Festa del patrono delle Gpg San Giorgio di Lydda. Molte le autorità presenti a rendere omaggio alle Gpg scomparse nell’esercizio del proprio dovere, e molte le rappresentanze presenti (oltre ai “padroni di casa” e organizzatori dell’associazione nazionale Gpg in congedo). Penso al Corpo GG Volontarie, che si è peraltro distinto nelle operazioni di emergenza durante il sisma del 2012 in Emilia.Dopo l’alzabandiera, la Messa e gli encomi conferiti ad alcune guardie particolari giurate, c’è stato un momento di riflessione sulla vigilanza privata e sul suo presente e futuro.
Per Giordano Lacasella, Presidente dell’Associazione Gpg in Congedo che ha visto tanta storia di settore, la vigilanza privata di oggi si presenta quanto meno “malconcia: per rinnovare un CCNL scaduto ormai da 4 anni si sta giocando alle tre carte: sono state presentate ben 4 piattaforme rivendicative (non era mai successo) e Assiv e Cooperazione hanno firmato con Cgil e Cisl, e separatamente con Ugl, un CCNL nel quale è stata inserita anche la vigilanza disarmata. Le stesse Cgil e Cisl, unitamente alla Uil, in un altro tavolo stanno trattando per il rinnovo del vecchio CCNL assieme ad Anivp, Assvigilanza e Univ. Probabilmente – sempre per la prima volta – si arriverà alla stipula di un altro CCNL privo dell’innesto dei servizi disarmati. La conseguenza sarà disastrosa per le Guardie perchè ogni Istituto applicherà il contratto che più gli farà comodo”.

Anche il mercato sembra però essere profondamente cambiato – e per certi versi in meglio, quanto meno se gli operatori fossero in grado di coglierne le reali opportunità: “è senza dubbio aumentata la richiesta di sicurezza, ma la liberalizzazione delle tariffe ha di fatto legittimato Istituti senza scrupoli ad applicare tariffe al limite della decenza. E questo nonostante un Decreto del Ministero del Lavoro del luglio 2009 abbia stabilito i costi e le tariffe minime” – continua Lacasella.

La compattezza, o quanto meno il senso di appartenenza ad un’unica categoria, si è poi progressivamente sfaldato, seguendo un trend che da anni tocca il rapporto tra italiani (lavoratori e imprenditori) e relative istituzioni.
Basta ragionare sui numeri: quarant’anni fa c’era una sola associazione imprenditoriale (oggi ce ne sono 8) e in ogni provincia operavano in media dai due ai cinque istituti di Vigilanza (oggi ci sono province anche con 50/60 operatori attivi). “Il proliferare di Istituti – spiega Lacasella – ha avuto come conseguenza, sul fronte dei grandi Istituti storici, la perdita di commesse, con conseguente riduzione del personale. Questo fenomeno, unito alla mancanza di fiducia nei sindacati tradizionali, ha portato alla costituzione di vari sindacati autonomi (oggi se ne contano 20/25), con conseguente sfaldamento di quella compattezza che caratterizzava le Guardie Particolari Giurate degli anni 70/80”.
Dati alla mano: in quegli anni la partecipazione agli scioperi si aggirava sul 60/70% con punte dell’80-90% a Milano e Roma, mentre  all’ultimo sciopero la percentuale registrata era del 10%.

Una progressiva disgregazione che nasce forse anche dal distacco, dovuto in parte all’evoluzione tecnologica e al progresso in generale, fra la stessa Gpg e il territorio, quindi la cittadinanza: “il metronotte era un personaggio conosciuto e rispettato che viveva il territorio in prima persona; ora invece sfrecciano auto dalle scritte improbabili, e molte attività disarmate sembrano assimilare le guardie giurate a dei semplici fattorini”.

Insomma, si stava meglio quando si stava peggio?
“L’unico vero rimpianto è che la riforma, iniziata nel 2008, non sia ancora completa: mancano tre decreti applicativi su quattro. Tutti gli aspetti sopra descritti sarebbero ininfluenti per i lavoratori se ci fossero i controlli e se agli Istituti venisse imposto il rispetto del Decreto sul costo del lavoro e il DM 269/2010” – conclude Lacasella.

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