Bodyguard, investigazioni, vigilanza privata: la tutela della persona entra nella sfera del privato?

04 Dic 2013

di Ilaria Garaffoni

bodyguardIl Presidente della Ducati Energia non capisce perché la sicurezza non produca utili e riporta il caso delle tante (a dir suo) persone che avrebbero bisogno di servizi di bodyguarding e VIP protection.
Persone che forse sono tante per davvero, a giudicare dalla quantità smisurata di auto blu e lampeggianti che circolano nella capitale, ma anche a giudicare dalla quantità di operatori che già ora svolgono servizi di close protection.
Tali servizi, vietati dall’attuale legislazione, non solo vengono allegramente promossi sul web, ma sono addirittura oggetto di corsi di formazione a stampo regionale (http://www.tuttoformazione.com/bodyguard_546/regione_emilia-romagna%20_19.html). E allora non sarebbe il caso di uscire dall’ipocrisia e smetterla di chiamare queste figure portaborse, assistenti personali o autisti, e cominciare a chiamarle per ciò che sono, cioè bodyguard?
C’è però un problemuccio: secondo il nostro ordinamento la tutela della persona è appannaggio esclusivo delle forze di sicurezza pubbliche. Quindi i privati potrebbero solo tutelare i beni, mobili ed immobili. Ma la realtà è ben diversa.

I servizi di close protection sono svolti, in maniera più o meno abusiva, da agenzie di investigazione e di security, da privati di vario genere, “liberi professionisti”, ex operatori di polizia e chi più ne ha più ne metta.
Regolarizzare l’esistente significherebbe quindi emersione del lavoro nero, gettito fiscale e contributivo, tutele per i lavoratori, qualità dei servizi a favore della committenza e della sicurezza pubblica.
Significherebbe anche aprire nuove opportunità di business ad un settore agonizzante come la vigilanza privata – possibilmente evitando di porre tutte le condizioni di legge atte a far sì che solo gli istituti stranieri possano lavorare, com’è successo con l’antipirateria.

Insomma, sarebbe ora di cominciare a disciplinare la materia senza ipocrisia, senza funambolismi lessicali e stiracchiamenti normativi che lasciano solo spazio all’interpretazione più fantasiosa.
Un’operazione che peraltro è già stata fatta, con ragionevole successo, per gli ex-buttafuori (che ora hanno pure un CCNL ad hoc) e per gli steward.
Possibile che si mandino le guardie giurate a far la guerra ai pirati somali ma che non si possa parlare di tutela della persona? La cortina di ferro tra sicurezza pubblica e privata è ancora così anacronisticamente densa?

Secondo Luciano Fabbri, Vicepresidente di AISS, “La cortina di ferro è già stata abbattuta, anche se forse in pochi se ne sono accorti: la legge 94 del 15 luglio 2009 (il famoso decreto Maroni) autorizza infatti l’impiego di personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi, anche a tutela dell’incolumità dei presenti.”
La chiosa finale, che pochi hanno notato, apre insomma già le porte ai privati nella tutela delle persone. Ovviamente è un’apertura limitata all’attività di sicurezza all’interno di locali di intrattenimento, ma nulla vieta che l’utilizzo della professionalità di un addetto – formata e certificata dalla Regione – debba essere limitata alle strutture classificate come locali da ballo.
“Più di una circolare ministeriale di risposta a nostri quesiti – prosegue Fabbri – ha confermato che gli addetti ai servizi di controllo possono essere utilizzati anche nei centri commerciali, quindi perché non anche in una fiera, ad un evento, o per la protezione dei VIP? I candidati naturali a svolgere funzioni di bodyguarding sono proprio gli addetti ai Servizi di Controllo nelle attività di intrattenimento e spettacolo: hanno una formazione erogata dalle strutture regionali e di durata doppia rispetto alle guardie giurate ed hanno già dimestichezza ad operare in ambienti a rischio”.

Sì, ma sono anche disarmati. “Il fatto che siano disarmati impone l’obbligo di una maggiore preparazione e attitudine a prevenire, creando aree di sicurezza per gli usufruitori, comunque preparati a difendere. Le armi portano conflitti a fuoco e questo non giova o meglio non garantisce nessuno. Lasciamo allo Stato questa priorità. E’ essenziale che il tutto sia sostenuto da una formazione certificata e non svolta in azienda, una pratica che ha immesso sulle strade molti operatori armati dove l’arma non ero uno strumento, ma un pericolo per l’incolumità” – conclude Fabbri.

Secondo Agatino Napoleone, Presidente di Federpol, sono invece gli investigatori privati le figure dalle quali non si può prescindere quando si parla di tutela del cittadino: “La sicurezza è prevenzione: se è finalizzata all’incolumità delle persone, deve necessariamente passare dalla raccolta di informazioni e dalla valutazione di strategie preventive. Tutte attività tipiche dell’investigatore privato. E il DM 269/2010 ha ritenuto competente l’investigatore privato in materia di sicurezza complementare all’art 5 lett a VI”.

Per la tutela delle persone, Federpol ipotizza l’istituzione di un nuovo soggetto che comprenda le diverse professionalità: “quelle di acuto osservatore, tipiche dell’investigatore, e quelle della persona capace di interventi tempestivi, che metta in sicurezza la persona a rischio, nell’attesa della Forza Pubblica. L’opportunità di munire tale soggetto di armi da fuoco andrebbe prevista da un apposito Decreto, che parametrizzi gli effettivi livelli di rischio, rispetto al soggetto da tutelare” – prosegue Napoleone.

La tutela della persona potrebbe quindi aprire le porte anche ad un uso dell’arma per gli investigatori a scopi di servizio? “Attualmente non è un obiettivo di Federpol, ma certamente disporre di una serie di casistiche sull’uso dell’arma e soprattutto dare una sistemazione normativa alla materia lascerebbe meno spazio alla libera interpretazione. Nel caso della tutela personale è evidente che la valutazione di intervento sarà diversa se si parla di VIP, che vanno tutelati da paparazzi o fans, o se si parla di persone a rischio di ritorsioni o di sequestro a scopi estortivi”.

C’è quindi chi già si candida per le nuove funzioni di tutela della persona.

Sul fronte della vigilanza tradizionale, c’è chi si propone per aprire la strada e chi rivendica una certa “paternità politica” nella funzione esplorativa delle aree di business, tutela della persona inclusa.
“All’attivo abbiamo diverse interlocuzioni politiche per procedere ad un’efficace attività di lobbying, forti anche della funzione, e dell’implicita attività di esplorazione dei servizi operati all’estero, connesse alla Vicepresidenza di COESS” – risponde Luigi Gabriele, Presidente di Federsicurezza.
“Abbiamo allo studio diverse nuove modalità di intervento per far riguadagnare spazio alla vigilanza privata tradizionale, ma tutte necessitano di un’approfondita analisi e condivisione ministeriale.  A tal fine, com’è nostra consuetudine, preferiamo operare in funzione e in logica di comparto, e non tanto di singolo sistema associativo, seppur federale. Abbiamo pertanto invitato tutte le rappresentanze di settore, datoriali e sindacali, a valutare assieme questi nuovi spazi operativi in una possibile riunione ministeriale. E siamo aperti a coinvolgere anche altre realtà rappresentative di comparto”.

E sia. Cadrà davvero l’ultimo baluardo della sicurezza pubblica? In quanto tempo?

Intanto rileggetevi il decreto Maroni, nella parte in cui parla di “tutela dell’incolumità dei presenti”

Clicca qui per scaricare Decreto Maroni (L 94 Del 15 Luglio 2009)

E leggetevi anche la lettera di Federsicurezza sulla convocazione di una riunione di comparto sul tema “new business”

Clicca qui per scaricare Lettera FederSicurezza Novembre 2013-1

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