Guardia giurata, una vita da invisibile

08 Feb 2012

di Ilaria Garaffoni

Ricevo e pubblico la lettera di una guardia giurata che ha visto morire il proprio compagno di lavoro.
Una testimonianza terribile, toccante e drammaticamente reale.
A chi scrive va la nostra stima professionale ed umana: sarà forse senza nome, ma per noi non è invisibile.

Noi invisibili

Sono le sei e mezza, mi sveglio e il mio piede intorpidito mi riporta alla realtà.
Quei due maledetti proiettili del 21 Giugno….e fortuna che il terzo è finito sul giubbotto.
1000 euro, 1000 maledetti euro…..l’assegno che ho nel portafogli e che a fine mese mi deve dare la possibilità di “sopravvivere”; bollette, benzina, tasse…..con 1000 euro. I soliti piegamenti per ricordarmi di essere vivo, caffè, nero, bollente e quei biscotti al cacao che mi fanno partire, doccia veloce, barba, il blu della divisa che mi copre come una vernice ed ecco indossare il mio cinturone, prendo la mia Glock 20, inserisco il caricatore con 15 munizioni in calibro 10 mm e scarrello….colpo in canna, la infilo nella fondina, : respiro. Lascio alle spalle la porta di casa e la mia famiglia e comincia un’altra giornata, otto ore d’attesa, li ad aspettare; facce nuove, vecchie conoscenze e noi sempre li, un saluto un occhio che si spinge oltre il semplice osservare, persone che si chiedono chi siamo, noi sceriffi….sbirri senza essere sbirri, armati senza alcun diritto e mille doveri.

Chi siamo? Siamo gli “INVISIBILI” , le guardie Giurate, quelli che aspettano e nessuno nota, nessuno sa chi o casa siamo realmente, nessuno che si chiede delle nostre realtà, delle nostre famiglie. Eppure sempre presenti, anche quando qualcuno di noi ci lascia, come Gennaro che è stato meno fortunato di me. Quel giorno sarebbe dovuto venire a cena a casa mia con Anna, sua moglie. Poi invece spari, sirene ed un agonia durata tre mesi…..più niente….invisibile! Mille maledettissimi euro al mese per rischiare la propria vita ogni giorno, sempre li ad aspettare. Perché noi aspettiamo, se ci va bene seduti in una guardiola ad alienare il nostro sguardo, ma per fortuna seduti ed al riparo dalle intemperie, altrimenti in piedi, sole o pioggia non ha importanza, giubbotto antiproiettili e telefonino per chiedere aiuto con la speranza che “CERTA GENTE” si dimentichi di passare di là, 8 ore ad aspettare.

21 Giugno, mi sembra ieri…avevo finito di mangiare e ripreso il servizio da poco che quella volta mi portava a piantonare un istituto bancario vicino casa ed invece del solito panino per l’intervallo ero stato fortunato, a poche centinaia di metri la mia famiglia mi aspettava a tavola con un piatto caldo, cosa molto rara.
Ma la mia “ATTESA” durò poco e mentre i clienti della banca si affollavano come non mai, alle 15 ecco spuntare fra le teste della gente una coppia di canne ben conosciute, quelle grossolanamente mozzate di un sovrapposto calibro 12. Una sensazione incredibile vederle prepotentemente avanzare verso il mio viso, mentre alla mia sinistra, la presenza del Direttore dello sportello bancario che si era trovato per caso all’esterno imponeva alla mia coscienza di tutelarlo. Spinte, strattoni e le urla concitate dei rapinatori, una sola decisione rapidissima: reagire. Mai ringraziato tanto mio Nonno che all’età di 5 anni ebbe la saggezza di avvicinarmi al mondo delle arti marziali e che oggi dopo 43 anni di pratica fanno parte del bagaglio intrinseco della mia motricità.

Non saprei decifrare con esattezza cosa accadde in quella manciata di secondi, ma mi ritrovai con i due incappucciati che avevo di fronte disarmati, mentre quello alle mie spalle mi sparava contro. Paura? Dolore? In quei momenti non ci si accorge di nulla, i rumori arrivano ovattati ed anche quello dei colpi esplosi in rapida successione sembrava arrivare da lontano, solo una volta impugnata la mia pistola ed aperto il fuoco in aria e messi in fuga i rapinatori, mi resi conto di avere un piede bagnato…..bagnato di sangue, il mio sangue. Solita trafila, ospedale, interrogatori, degenza, cure varie ed eccomi ancora qui ad aspettare.
Alla fine erano stati esplosi più di 25 colpi di cui 5 dalla mia arma, io unico ferito….è andata bene, c’era tanta gente.

Per otto ore con i miei mille euro al mese. Noi invisibili, quelli che come me a quasi 50 anni anche se accumulano miliardi di competenze e molti anni di servizio, per il collocamento restano operai.
Operai con la pistola, ma pur sempre operai….generici. Operai che devono acquistare la propria attrezzatura, la mia pistola è ancora nelle mani della magistratura per gli accertamenti dovuti a quel 21 Giugno e per riprendere il mio posto di lavoro ho dovuto acquistare a mie spese un’arma d’occasione, sperando che prima o poi mi venga riconosciuto un contributo dall’azienda. Operai che non hanno certezze di lavoro poiché non esiste coesione sindacale e molti sono dipendenti d’Istituti di vigilanza con pochissimo personale (15/20 agenti), tanto morto un papa se ne fa un altro…. Operai senza formazione alcuna, che affidano la propria vita al buon senso e…alla fortuna.
Non siamo nulla, forse proprio perché “INVISIBILI”. Abbiamo regole vecchie più di 60 anni, stipendi da fame, nessun vero diritto legislativo per i ruoli di responsabilità che copriamo. Migliaia di “privati cittadini” autorizzati a girare armati dopo aver sparato una manciata di colpi in un poligono come se fossero in un lunapark.
A volte vorrei sapere cosa sono, perché non riesco a farmi vedere dagli altri? Poi mentre me lo chiedo ecco di nuovo spari, terrore, e qualcuno che resta inerte sul pavimento di un supermercato, ancora quella puzza di sangue e carne bruciata, ma stavolta non è uno di noi, non è uno sceriffo. Stavolta è l’altro, quello che sa dove siamo, che arriva all’improvviso senza avvisare, quello che si nasconde nel buio più profondo dei nostri incubi e che non ha alcuno scrupolo a creare violenza su chiunque si ponga fra lui ed il bottino, quello che quando ha un “incidente sul lavoro” (perché pur sempre di un incidente sul lavoro si tratta….) alla fine in fondo in fondo era un bravo ragazzo, non uno come noi, non è uno sceriffo, nessuno tra la folla alza la voce chiamandolo criminale, perché la colpa è del sistema che non ha saputo aiutarlo, quel sistema violento che si affida a personaggi violenti: gli sbirri. E intanto quel “povero ragazzo” ……….

Fortuna che per questi signori esiste sempre un codice d’onore che li porta alla vendetta per il caro perso. Cosa succede? Semplice quello che ho già vissuto io, notti insonni a sobbalzare al primo rumore, i tuoi figli, tua moglie….tutti costretti ad una vita blindata, momenti di paura se squilla un telefono se bussano alla porta in momenti inaspettati. Tornare a casa e guardarsi le spalle, non perché hai violato le leggi, bensì perché le hai tutelate…. ridicolo a dirsi, ma ho provato cosa significa dormire con la pistola sotto al cuscino, scomodo. Ed intanto ecco affiorare tutte le paure e i dubbi su ciò che è stato e perché è stato, ma tu sei lo sbirro che ha osato sfidarli, che gli ha fatto lo sgarro…..ne è valsa la pena? È questa la domanda che ti fanno tutti, con i commenti classici, i consigli del caso….io avrei…io sarei…..ma uno per tutti: perché non hai girato la testa? Forse perché nonostante tutto ci credo, forse perché non avrei potuto fare altro…..forse perché sono io! Ma nessuno ti vede, perché tu sei invisibile.

 

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