La nascita di un organo federale regionale come Federsicurezza Toscana fa pensare, in un momento in cui le parole d’ordine in area associativa sembrano essere convergenza, polarizzazione, addirittura unità. Partendo da questo tema, abbiamo approfondito più aspetti dell’associazionismo di settore in una chiacchierata con Luigi Gabriele, Presidente di Federsicurezza.
In un momento in cui la tendenza associativa di settore, almeno negli intenti, pare orientarsi verso un tentativo di convergenza, nasce Federsicurezza Toscana. Per quale ragione?
Per non perdere il contatto con i territori, cioè con le realtà nelle quali l’attività si incontra – o meglio si scontra con – la legge di mercato e la necessità di regole che promana dalle centrali di rappresentanza.
Come si sposano delle politiche territoriali con una visione federale e ancor prima confederale?
Con la necessità di essere aderenti ai problemi veri ed immediati degli operatori che, riportati nel contesto federale, possano a questo livello determinare, e a livello confederale orientare scelte che, diversamente, rischierebbero di rimanere “scollegate” dalla realtà…
Ragioniamo allora sulla logica federativa, che si sposta sulla rappresentanza di un comparto più che di un solo settore. L’allargamento ad altre aree tematiche attigue e continue rispetto alla mera vigilanza privata può essere visto come un conflitto di interessi?
Le mie esperienza giovanile di relazioni industriali nel comparto metalmeccanico mi hanno consentito di apprendere una grande lezione di derivazione Fiat: meglio avere tutti i rappresentanti delle istanze di un comparto, anche se troppi, in un unico luogo di confronto (pur se alla OK Corral) che non lasciarne qualcuno allo stato brado…
La spregiativamente detta “area grigia”, per fare un esempio, troppo a lungo è rimasta senza regole, generando fenomeni distorsivi di cui ancora si pagano le conseguenze nel comparto. E la stessa vigilanza privata, nella sua tradizionale accezione e iconografia, ha negli anni cambiato pelle. Ignorare questi fenomeni sarebbe anacronistico.
Intervistando i grandi player del settore, la stessa definizione di “vigilanza privata” pare in effetti riduttiva o comunque marginale rispetto alle nuove aree di business. Cosa significa allora “vigilanza privata” nel 2016 e cosa significa porsi come organo di rappresentanza di un comparto in così forte dinamismo?
Nel 2016 l’espressione vigilanza privata avrebbe dovuto già essere sostituita dall’espressione sicurezza privata, visualizzata in un contesto di integrazione. Che non significa nè assorbimento nè annientamento della radice tradizionale di questo settore, ma un nuovo inquadramento aggiornato alla realtà di mercato, nel quale diverse realtà si integrano a completamento di un’offerta. E non si tratta di porsi come organo di rappresentanza, quanto piuttosto di indurre la molteplice e diversificata platea di operatori a riconoscersi come parti complementari di un’unica filiera.