Vigilanza Privata e nuovo codice appalti: una riforma in divenire

27 Giu 2016

di Ilaria Garaffoni

convegno-federsicurezza-giugno-2016Mentre la Gran Bretagna salutava l’UE, il 23 giugno il comparto della vigilanza privata si confrontava sulla riforma degli appalti: una normativa tanto necessaria quanto “europea” nella sua matrice. La riforma potrebbe infatti in concreto penalizzare l’accesso alle gare delle PMI, tessuto-chiave della compagine imprenditoriale italiana, e la rigidità di certi principi – a partire dalla stessa parità di trattamento – potrebbe rivelarsi un boomerang. La qualità quale metro di giudizio per l’assegnazione delle gare cozza poi con spending review, patti di stabilità e una certa, generale insipienza dell’interlocutore pubblico. La riforma è quindi tutta da disegnare. Di questo ed altro si è parlato al convegno di FederSicurezza “Vigilanza privata e appalti: chiaroscuri di una riforma in divenire”.

Il vice Presidente di Confcommercio Renato Borghi ha ribadito l’importanza della sicurezza per le imprese, ricordando come nel 2015 gli investimenti siano aumentati del 26% (+ 22% in sola vigilanza privata): misure che tuttavia, in assenza di un saldo contesto di legalità, non bastano a ricreare un corretto equilibrio competitivo. La riforma degli appalti si muove invece in questa direzione, anche se – ha osservato Roberto Cerminara, Responsabile dell’Ufficio Legislativo di Confcommercio – il nuovo codice appalti è solo un punto di partenza: spetterà all’ANAC, perno dell’attuazione delle nuove norme, far sì che queste ultime vengano rispettate…purché la prevista emanazione di raccomandazioni “soft” non si riveli troppo debole all’atto pratico.

L’avvocato amministrativista Massimiliano Brugnoletti ha messo poi in evidenza la rivoluzione, imposta dalla riforma, nei rapporti tra pubblica amministrazione e mercato e la sua apparente inconciliabilità con la spending review. “Con il nuovo codice degli appalti – ha spiegato – cade finalmente il muro tra amministrazione pubblica e imprese, che si trovano ora a dialogare per perseguire un comune obiettivo finale, e cioè la soddisfazione della collettività, nel rispetto dei tre indicatori cardine per l’aggiudicazione degli appalti: ambiente, sociale e lavoro”. Nuove valutazioni e nuovi ruoli che richiedono dunque nuove interlocuzioni, alle quali probabilmente nessuno è pronto: né la PA, né il mercato.
Le “consultazioni preliminari di mercato”, introdotte dall’art. 66 del codice, saranno un utile banco di prova – ha rammentato il Consigliere del Tar Toscana Alessandro Cacciari. Ma poiché la pubblica amministrazione raramente dispone di professionalità atte a redigere dei capitolati d’appalto come si deve, le associazioni di categoria dovranno essere di impulso per un dialogo sano ed equilibrato, atto alla redazione di capitolati d’appalto equi, indipendenti e tecnologicamente all’avanguardia.

La riforma degli appalti avrebbe quindi forse dovuto seguire (e non precedere) la richiesta rivoluzione culturale. Vincenzo Paradiso – Direttore Generale di IVRI – ha ricordato come, nell’impresa, piccolo non sempre sia necessariamente bello e perfetto, con riferimento all’impianto normativo, spesso non sia favorevole alla crescita. Regole troppo puntuali (o troppo vaghe) del nostro impianto – ha rammentato Paradiso – hanno infatti bloccato lo sviluppo economico del paese e gli investimenti esteri. “Basti pensare che ancora si parla di vigilanza privata mentre il comparto produce da tempo sicurezza a 360 gradi – tecnologia, cyber security e antiterrorismo inclusi”. E’ ora di affrontare il cambiamento, ha concluso Paradiso.

E l’appello è giunto forte e chiaro ai corpi associativi, chiamati ad un rinnovato ruolo di collante e dialogo: dallo stimolo all’ANAC perché il sistema possa consentire la partecipazione del maggior numero di imprese agli appalti, alle consultazioni preliminari di mercato. Immediata la risposta del Presidente di FederSicurezza Luigi Gabriele: “nonostante si cerchi da più parti di azzerarli, i corpi intermedi continuano ad essere fondamentali per il cambiamento. E la sfida è proprio uscire da quello che si sta rivelando un sempre più nocivo istinto di autoconservazione. “Bene dunque cambiare le regole, ma occorre uo tsunami comportamentale. Il CCNL di settore è solo l’ultimo degli esempi di accanimento conservativo, anche se una recente nota politica dei sindacati sembra aprire uno spazio concreto di discussione”.

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