Covid-19 equiparato all’infortunio sul lavoro: rischio contenziosi

10 Apr 2020

di Ilaria Garaffoni

L’allarme lanciato da Federsicurezza, Federazione del Settore della Vigilanza e Sicurezza Privata,  sulle insidue dell’art. 42 del Decreto Cura Italia, che identifica il contagio da Covid-19 come infortunio sul lavoro da iscrivere nel registro Inail, ha reso necessaria una presa di posizione di Confcommercio, che conforta su alcuni aspetti rilevanti (come la non incidenza sul tasso INAIL), ma che non esclude l’insorgere di possibili contenziosi.

Il settore Welfare Pubblico e Privato della Direzione Centrale Politiche del Lavoro e Welfare in Confcommercio – Imprese per l’Italia, chiarisce infatti che “l’articolo 42 stabilisce che la tutela assicurativa Inail opera anche nei casi accertati di infezione da coronavirus e che le prestazioni vengono erogate dall’Inail anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. L’inclusione dell’evento alla stregua di infortunio in itinere è stata adottata su indicazione del Ministero come forma di maggior tutela ed anche per evitare impatti sul comporto, ma gli eventi in questione non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico. Pertanto, in analogia ad altre tipologie di infortuni non direttamente imputabili al datore di lavoro, gli effetti del coronavirus non incidono sul bilancio infortunistico dell’azienda in termini di oscillazione del tasso applicato. In sostanza non incidono sul tasso da pagare e sulla sinistrosità dell’azienda o della gestione terziario”.

Bene che siano esclusi i casi di coronavirus dal meccanismo di oscillazione dei premi Inail, ma resta il rischio di contenziosi, a partire alle richieste di danno biologico e differenziale (non coperto al 100% dall’Inail)” – rileva Luigi Gabriele, Presidente di Federsicurezza. “Credo sia essenziale un correttivo. Contro l’impresa si attiva una sorta di presunzione di colpevolezza rispetto ad un nemico invisibile, inodore e incolore e che si potrebbe contrarre ovunque, anche fuori servizio e anche se le imprese rispettano tutti gli standard di sicurezza – cosa che in alcuni casi non è stato nemmeno possibile fare, per concreta impossibilità di reperire le mascherine sul mercato. Le aziende sono pronte ad assumersi responsabilità sulle quali hanno reale possibilità di intervento, non sull’invisibile e indimostrabile”.

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