Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) si è finalmente pronunciato sul ricorso che alcuni Istituti di Vigilanza Privata del napoletano avevano inoltrato contro il DM capacità tecnica, con l’appoggio di un’associazione di categoria e la secca opposizione di altre.
I ricorrenti contestavano il DM 269/2010 in quanto ritenuto discriminatorio verso le piccole realtà d’impresa e lesivo della libera concorrenza (leggi qui per maggiori dettagli).
Ebbene, con sentenza n. 2703/2013 del 15 marzo 2013, il Collegio ha ritenuto il ricorso fondato ed accoglibile nei soli punti indicati in motivazione. Quattro, in realtà.
Addentrandosi nella motivazione, si rileva che il TAR Lazio ha di fatto “bocciato”:
1) l’obbligo di predeterminazione di un capitale sociale interamente da versare superiore a quello previsto dal codice civile per la costituzione delle srl.
2) la certificazione, ad opera dell’Ente Bilaterale, dell’integrale rispetto degli obblighi derivanti dall’applicazione del CCNL di categoria e della contrattazione di II livello perchè gli accordi collettivi di lavoro non hanno validità erga omnes.
Tuttavia il Collegio ritiene legittimo elevare sanzioni contro gli istituti di Vigilanza che violino la contrattazione in modo rilevante ai fini della sicurezza delle GPG.
3) la previsione (contenuta nel Vademecum) di affidamento dei servizi in essere ad altri operatori in caso di sospensione di licenza.
La norma – si legge nella motivazione – “va considerata illegittima se tesa a consentire che il subentro di un Istituto ad un altro possa avvenire, in caso di servizio svolto in favore di un ente pubblico, a prescindere dal rispetto delle regole dettate in tema di procedure ad evidenza pubblica, e, in ipotesi di servizi svolti in favore di soggetti privati, a prescindere dalla disciplina contrattuale, peraltro, in assenza di criteri utili per l’individuazione dell’Istituto subentrante”.
4) l’imposizione agli Istituti di Vigilanza di effettuare il servizio di piantonamento presso Aziende Pubbliche o Private del Settore Energetico, presso quelle del Settore Comunicazione, presso le Raffinerie (ecc.), in quanto le Guardie Particolari Giurate “non esercitano funzioni pubbliche e non svolgono attività sostitutive di quelle dell’Autorità di Polizia”.
Questa parte della sentenza avrebbe come effetto quello di escludere le imprese operanti nel settore energetico dagli obiettivi “sensibili” individuati dal Decreto 269/2010.
Il TAR promuove invece:
1) il discusso impianto delle cauzioni e delle assicurazioni, essendo per l’Alto Tribunale “logico che le garanzie e le coperture assicurative siano proporzionate all’ambito di attività dell’istituto di vigilanza” e “non illogico, una volta quantificata (inizialmente) la garanzia in relazione alla natura dei servizi espletati ed al numero delle GPG necessarie a svolgerli, considerare (ai fini dell’incremento) un criterio quale quello del numero di abitanti relativo all’ambito nel quale opera l’impresa”.
2) soprattutto il TAR promuove l’intero allegato D al DM 269/2010, recante ulteriori modalità di esecuzione dei servizi
Clicca qui per scaricare Dm capacità tecnica Allegato d
L’incremento di mezzi e dipendenti richiesto a certi tipo di Istituti non rappresenta, secondo0 il TAR, un’indebita invasione nella libertà di impresa, ma fa parte di “ragionevoli regole di prudenza”.
3) il rinvio alla Certificazione UNI 10459 “Funzioni e profilo del Professionista della Security aziendale” e la formazione di livello universitario per il vertice operativo dell’istituto (ma la motivazione è legata al fatto che “il corso di livello universitario in materia di sicurezza privata deve intendersi previsto solo per gli operatori che richiedono il rilascio della prima autorizzazione, quindi nessuno dei ricorrenti è soggetto a tale obbligo, essendo già titolari di licenza”. In sostanza, la questione non rileva per i ricorrenti).
4) la necessità di una centrale operativa a norma UNI 1760822005 e di una centrale avanzata per certi tipi di attività e di Istituti, che il Collegio non ritiene equivalere alla reintroduzione di fatto dell’obbligo per gli istituti di vigilanza “di aprire (anche se non presso ciascuna Provincia, come in precedenza previsto) una sede presso i siti ove viene esercitata l’attività”.
Un commento del tutto personale e opinabile: i punti del Decreto sui quali si poteva davvero ragionare (escluso CCNL e bilateralità) non sono stati toccati. La sentenza dribbla sapientemente sugli aspetti spinosi, censurando solo questioni marginali e motivando in modo poco mirato sull’argomento, in certi casi con conseguenze potenzialmente molto dannose (penso all’esclusione delle imprese energetiche dagli obiettivi “sensibili”, quindi dalla riserva di monitoraggio a mezzo di guardie giurate. Via libera ai portieri all’ENEL?). Si attendono le reazioni di ricorrenti e resistenti.
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