Mantovano: Chi guarda le guardie

25 Nov 2009

di Ilaria Garaffoni

On. Alfredo Mantovano

Il sistema della sicurezza non si esaurisce col lavoro delle forze di polizia, che pure mantengono un ruolo centrale e prevalente, ma può contare su altri importanti soggetti, dalla polizia locale ai sindaci, fino alla vigilanza privata: nessuno di costoro recita una parte marginale, da ritenere di serie B o C. Ciascuno è chiamato a svolgere una parte propria, in stretta collaborazione con gli altri soggetti. In quest’ottica il Parlamento sta lavorando a una riforma della legge quadro sulla polizia locale; nella stessa ottica, da quando si è avviata la legislatura, ai sindaci sono stati conferiti nuovi e più precisi poteri, per esempio attraverso lo strumento della ordinanza di sicurezza urbana o il potere di iniziativa per l’utilizzo dei volontari della sicurezza (le cosiddette ronde).

Nello stesso quadro si inserisce il lavoro della vigilanza privata, che orientamenti presenti in sede europea tendono a non valorizzare come una componente della sicurezza di tutti: tanto che in realtà diverse da quella italiana esso costituisce di frequente un ramo di qualche azienda multiservizi di grosse dimensioni. Lo sforzo che si sta operando in questo momento in Italia, in particolare a opera del governo, è teso, nel rispetto delle regole sulla concorrenza, a far sì che chi lavora per la sicurezza di tutti, portando un’arma e tutelando obiettivi importanti, non può essere messo sullo stesso piano di altri dipendenti che svolgono un qualsiasi, pur significativo, servizio.

Dovendo recepire le indicazioni comunitarie contenute in una sentenza della Corte di giustizia europea del dicembre 2007, vi è stato un adeguamento normativo teso a realizzare: il miglioramento della qualificazione professionale delle guardie particolari giurate (ciò dovrà essere condiviso con le Regioni, che hanno competenza legislativa esclusiva in materia); il rispetto della contrattazione collettiva, a tutela della qualità dei servizi e della sicurezza dei lavoratori; la difesa delle guardie giurate relativamente a nuove ipotesi di mobilità aziendale, conseguenti alla eliminazione del limite provinciale della licenza, prima previsto per la operatività di un istituto di vigilanza; il più agevole reimpiego delle guardie rimaste senza lavoro, con la loro iscrizione in un registro istituito nelle prefetture, a disposizione dei datori di lavoro. Un decreto del ministro dell’Interno, prossimo al varo, darà fra breve piena e più puntuale attuazione alla riforma del settore. Un dato positivo è costituito dalla istituzione della Commissione consultiva centrale per le attività di sicurezza privata, nel cui ambito sono state costituite due sottocommissioni: una ha il compito di definire i requisiti di capacità tecnica e di qualità dei servizi (è stato già predisposto in tal senso uno schema di decreto), l’altra l’individuazione dei requisiti minimi professionali e di formazione del personale dipendente dagli istituti. Questa Commissione è il luogo del confronto e del raccordo, in tempo reale e senza lungaggini, fra tutti i soggetti in causa: i rappresentanti degli istituti di vigilanza, i sindacati, i ministeri interessati, in primis quello dell’Interno.
Nel frattempo un altro riconoscimento al settore è venuto dalla nuova disciplina dei cosiddetti buttafuori, di coloro, cioè, che sono posti a tutela della sicurezza nei locali di intrattenimento, anzitutto le discoteche, e di eventi di spettacolo: le nuove disposizioni, contenute nel “pacchetto sicurezza” e in un decreto ministeriale di attuazione, puntano a eliminare gli abusi e a pretendere requisiti di affidabilità e di formazione adeguati. È inoltre imminente la sottoscrizione di una rinnovata versione del protocollo “mille occhi sulla città”, teso a rendere gli operatori della vigilanza privata soggetti riconosciuti e attivi della sicurezza, in stretta collaborazione con le forze di polizia, con i sindaci e con la polizia locale.

*sottosegretario del ministero degli Interni

Fonte: http://www.tempi.it

 

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