Mantovano incontra la vigilanza: capacità tecnica, network, area grigia

15 Nov 2009

di Ilaria Garaffoni

(ROMA) L’11 novembre il sottosegretario all’Interno con delega per la pubblica sicurezza Alfredo Mantovano ha incontrato al Viminale i rappresentanti delle associazioni di categoria e le organizzazioni sindacali del settore vigilanza privata.
Se il tema principale era la riedizione del progetto “Mille Occhi sulla Città” (un protocollo per la condivisione di informazioni tra istituti di vigilanza e forze dell’ordine, e tra gli stessi istituti, i sindaci e la polizia locale), il tavolo è anche stato un’occasione di aggiornamento e di dialogo sui nodi ancora irrisolti in merito ai decreti attuativi della riforma del settore.

In particolare si è parlato dell’emanando decreto sulla capacità tecnica, e quindi delle caratteristiche minime a cui deve conformarsi il progetto organizzativo e degli standard minimi di qualità sui quali devono attestarsi gli istituti di vigilanza per poter operare sul mercato della sicurezza privata.
La bozza di decreto prevede ad oggi una definizione dei requisiti e degli standard di qualità correlati alla classe funzionale (ossia alla complessità dei servizi offerti), all’ambito dimensionale dei servizi (ovvero al numero di gpg necessarie per svolgere ciascun servizio) ed all’ambito territoriale di prestazione dei servizi.

Si è poi parlato di tariffe, e quindi di network, con una sostanziale convergenza delle parti sulla necessità, se non di eliminare (tentativo che rischierebbe in ogni caso l’impallinamento), almeno di rendere “inoffensivi” i network relegandoli al ruolo che la legge loro assegna, ossia l’attività di intermediazione, e non anche la stipula di contratti e il subappalto. L’utente finale dovrebbe pertanto trattare direttamente con l’IDV, attenendosi quindi al tariffario minimo.
Si è anche parlato di prevedere una certificazione tributaria per garantire la trasparenza delle imprese.

Si è infine giunti al tema forse più spinoso: la definizione dei servizi di “vigilanza non armata.
La scelta è stata quella di operare per derivazione, individuando cioè le attività che devono essere svolte necessariamente a mezzo guardie armate e operando poi per esclusione. Circoscrivendo i servizi di vigilanza privata armata attraverso un’interpretazione univoca dell’art. 256bis del DPR di riforma, si dovrebbe porre un limite al dilagare di servizi, come il portierato, che sono oggetto di dumping concorrenziale.

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