Il 24 aprile, su invito dei Ministri del Lavoro e delle Attività produttive, è stato sottoscritto un aggiornamento al “Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, condiviso lo scorso 14 marzo tra le organizzazioni datoriali e OOSS confederali e declinato in un documento settoriale tra Confcommercio e Filcams-CIGL, Fisascat-CISL e Uiltucs-UIL. Il Protocollo del 24/04 fornisce nuove indicazioni in vista della fase 2, modificando il documento originario per superare la fase emergenziale della gestione e costruire regole per una prevenzione del medio termine negli ambienti di lavoro. nel consigliarne la lettura integrale, forniamo di seguito una breve disamina.
Numerosi – secondo una nota di Confcommercio – gli aspetti ribaditi:
– il favore delle parti verso lo svolgimento di “lavoro agile” nelle modalità semplificate;
– il ricorso agli ammortizzatori sociali, in assenza di condizioni di sicurezza per la ripresa o la prosecuzione delle attività economiche o professionali, che possa comportare ancora un periodo di sospensione o chiusura per mettere in sicurezza i luoghi di lavoro;
– il confronto ed il coinvolgimento delle OOSS con il contributo degli RLS, piuttosto che degli RLST, avendo a riferimento le specificità delle singole realtà economiche.
L’obiettivo condiviso si incentra, in questa fase, sulla necessità di “fornire indicazioni operative finalizzate a incrementare, negli ambienti di lavoro non sanitari, l’efficacia delle misure precauzionali di contenimento adottate per contrastare l’epidemia di COVID – 19”, che tuttavia continua ad essere considerato, ai fini degli adempimenti in materia di salute e sicurezza, un “rischio generico”, rispetto a cui pertanto non si ritiene dovuto un adeguamento del DVR. Rischio generico ma il cui allarme sociale è fortemente sentito dalle parti sottoscrittrici, tanto da convenire che la mancata attuazione del Protocollo che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell’attività.
Entrando nel merito:
1) INFORMAZIONE: a carico del datore di lavoro, come pure del lavoratore sono definiti obblighi sia di ordine informativo che comportamentale, anche relativamente al corretto uso dei DPI;
2) INGRESSO IN AZIENDA: spicca, rispetto al Protocollo 14 marzo, la certificazione medica di “avvenuta negativizzazione” del tampone per il rientro di lavoratori già risultati positivi;
3) ACCESSO dei fornitori esterni nei rapporti di appalto, laddove l’appaltatore sia a conoscenza di casi di contagio tra i propri addetti: egli deve vigilare sul rispetto delle disposizioni previste nell’azienda in cui si volge l’appalto;
4) PULIZIA e SANIFICAZIONE dell’azienda: ci specifica che si riferisce alla sanificazione individuata dal Ministero della Salute (circ. 5443/2020), ovvero ad una “pulizia accurata delle superfici ambientali con acqua e detergente seguita dall’applicazione di disinfettanti comunemente usati a livello ospedaliero”, eseguibile pertanto dal personale ordinariamente addetto a tali servizi, e non già delle sanificazioni che comportino certificazioni di ditte esterne specializzate;
5) PRECAUZIONI IGIENICHE PERSONALI: si sancisce l’obbligo di assicurare i gel detergenti per le mani ai lavoratori;
6) DPI: l’obbligo individuato riguarda le mascherine chirurgiche, che devono essere indossate negli spazi comuni;
7) ORGANIZZAZIONE AZIENDALE: si fissa l’attenzione allo smart working anche in termini di bisogni di assistenza specifica o di impiego più funzionale, ricordando altresì la misura comportamentale del distanziamento sociale, anche in termini di organizzazione del lavoro, con rimodulazione di spazi ed orari.