Venti di guerra, caro energia, governo a rischio: mentre il mondo impazzisce, dopo due anni che hanno fatto crollare tutte le certezze psicologiche ed economiche, il settore della sicurezza privata si dibatte tra problemi vecchi e nuovi e cerca nuove strade per crescere. Con una direttrice: alla vigilanza privata servono manager con nervi d’acciaio e una preparazione normativa solida, capaci di fronteggiare anni che si presentano ancor più complessi e che richiederanno un occhio costante ai numeri, alla compliance aziendale e ovviamente al mercato. Ai security manager, introdotti nel settore dalla riforma del 2010 e soggetti ad aggiornamento professionale continuo, spetta oggi mostrare più che mai la loro qualità primaria: saper essere dei veri manager. Ne abbiamo parlato con Andrea Ambrosino, Presidente di Vale srl, leader nella formazione e consulenza per il settore vigilanza privata.
Intervista ad Andrea Ambrosino
Dal suo osservatorio privilegiato, quali sono le criticità più esiziali del mercato italiano della sicurezza privata?
Domanda difficile: ci sono molte variabili in gioco e tanti livelli che si intersecano.
Sicuramente, lato domanda e offerta, si ravvisa una forte discrepanza fra quello che singoli cittadini, piccoli artigiani, ma anche grandi stakeholder come imprese o enti, valorizzano sul piano prettamente economico per i servizi di vigilanza privata. Tutti vogliono tutto ma non sono disposti a pagarlo. Per converso c’è anche chi nel settore, pur di accaparrarsi l’appalto, azzarda operazioni commerciali ad alto rischio, per usare un eufemismo. Ovviamente il comparto sta pagando la spinta liberale degli anni passati, che ha portato da una parte molti vantaggi, ma dall’altra ha creato una “trappola collettiva”.
Trappola collettiva…?
In psicologia sociale si parla di trappola collettiva quando un comportamento, vantaggioso per un individuo, si rivela però dannoso per il gruppo – e quindi, a cascata, anche per l’individuo stesso. Nella vigilanza privata, chi affida servizi a basso costo vivrà un vantaggio immediato, ma alla lunga impoverirà il settore, e chi fornirà servizi a basso costo acquisirà immediate quote di mercato ma nel medio periodo subirà un inevitabile effetto boomerang. Le ricadute sono sotto gli occhi di tutti: il mancato rinnovo di un CCNL scaduto da oltre 7 anni, una normativa che si stratifica per cercare di normare i fenomeni che stanno emergendo (pensiamo a come si è evoluta la figura dell’operatore fiduciario e alle polemiche che si sono susseguite), la concorrenza sleale… tutti segnali di un settore che ha grandi potenzialità, come emerso in pandemia, ma del quale lo Stato fatica a riordinare i pezzi.
Quali potenzialità intravvede (aperte dal Covid ma non solo) per la sicurezza privata?
Il settore ha vissuto due anni intensi, con la nascita di nuovi servizi per far fronte all’emergenza Covid. Tali servizi, dal controllo degli accessi al green pass, sono nati però dal rapporto fra imprese e operatori, non sono stati cioè normati (e nei palazzi della politica si è addirittura parlato di imprecisati volontari per controllare il social distancing, ignorando le oltre 70.000 professionalità messe in campo dal settore). Questo è segno che il territorio, le imprese e i cittadini hanno bisogno degli operatori della vigilanza.
La prima sfida per il settore è quindi saper intercettare i bisogni, come è avvenuto per il controllo accessi in pandemia, e saper affrontare la transizione tecnologica necessaria per fornire questi servizi. Se però non si risolvono i problemi di fondo, qualunque cammino rischia di essere impervio. Magari oggi alcuni istituti devono rinunciare ai servizi per mancanza di personale: se lo Stato non risolve il problema del controllo sui prezzi degli appalti e del rinnovo del CCNL, rischiamo di avere paradossalmente un’offerta che non può soddisfare la domanda.
Un’approfondita formazione del security manager può dare una mano a far crescere il settore, sul lato professionale ma soprattutto manageriale?
Senza dubbio. La vigilanza privata non è più quella di trent’anni fa: si tratta di un mondo che ha visto un forte sviluppo di figure manageriali e di tecnici specializzati.
Non è un caso che oggi le imprese del settore che operano meglio siano quelle che nel corso degli anni passati hanno investito su manager e tecnici qualificati.
Noi da anni operiamo insieme ai player del settore per formare e aggiornare diverse figure. Per il Security Manager parte a marzo un corso di prima formazione e il 4 e il 5 marzo si terrà un corso di aggiornamento sulla Sicurezza delle informazioni tra ambiente fisico, ambiente informatico e normativa, nel quale porremo particolare attenzione alle procedure per i lavoratori (info@gruppovale.com). Ma non formiamo solo i security manager: basta pensare alla figura del DPO per la privacy o alla qualità. Quindi, tornando alla sua domanda: un occhio manageriale sul settore, unito ad un’attenzione per la compliance aziendale, che oggi è parte consistente del lavoro, rappresentano un’impostazione strategica vincente.
Se fosse un Draghi interessato al comparto sicurezza privata e non stritolato tra problemi macro, quali priorità inserirebbe nella sua agenda politica?
I temi sono molti e fortunatamente io non sono Draghi. Mi sento però di dire che oggi la priorità è tutelare imprese e lavoratori affinché questo patrimonio non vada disperso.
Non può esserci sviluppo senza tutela dei lavoratori (quindi urge rinnovare il CCNL) e senza tutela delle imprese (quindi urge un alleggerimento della pressione fiscale).
Il tutto deve avvenire in un quadro di mercato dove la macchina pubblica di adoperi per dare dignità alla vigilanza, verificando ad esempio con attenzione i prezzi anormalmente bassi nell’affido degli appalti. E a corollario, deve esserci un’architettura normativa chiara che non lasci spazio all’interpretazione. Il resto verrà di conseguenza.