La direttiva europea sul salario minimo, ora in attesa solo dell’ok del Parlamento e del Consiglio UE, non prevede dei minimi salariali: parla di retribuzioni adeguate. Cosa questo vorrà dire, in un paese come l’Italia (tra i 6 paesi in tutta l’UE a non avere una legge in materia), è tutto da capire. Di fatto si tratta di un rafforzamento del diritto nei paesi in cui è già previsto ed un invito a farlo laddove non sia previsto. La questione riguarda purtroppo da vicino i lavoratori della vigilanza privata, che si caratterizzano per paghe da fame e turni massacranti, per giunta in costanza di attività, nella maggioranza dei casi, usuranti. E nonostante il DDL Catalfo sul salario minimo giaccia in Parlamento in quanto ritenuto da molti “non prioritario”, dopo l’intervento UE anche la Presidente della Commissione Lavoro Camera dei Deputati, Romina Mura, sensibilizza sul tema retributivo minimo, con un particolare focus sul mondo della vigilanza privata.
“Un contratto scaduto da sei anni per mansioni spesso usuranti e retribuzioni tra le più basse in Italia: la condizione di guardie giurate e portieri ci dice in modo crudo cosa significa il lavoro povero oggi” – dichiara l’On Mura. E prosegue: “Bisogna rinnovare un contratto che riguarda circa 100 mila lavoratori letteralmente sottopagati. Non si può continuare a dire che ci sono altre priorità a fronte di persone che lavorano un numero altissimo di ore per 800 euro al mese, in un regime di flessibilità che rende impossibile qualsiasi conciliazione tra vita e famiglia. Il patto contro il lavoro povero lanciato dal ministro Orlando deve trovare ascolto, soprattutto per categorie penalizzate in un momento in cui occorre mettere in atto strategie di equità e solidarietà sociale”.
Ma cosa cambierà dopo l’intervento UE?
In un’intervista a Radio Radicale l’On. Mura spiega che, in sostanza, la Direttiva UE imporrà ai paesi membri di adeguare le restribuzioni più basse, senza però definire un compenso minimo Stato per Stato perchè tali valutazioni dipendono dal sistema di relazioni industriali dei singoli paesi. Insomma: se ne dovrà discutere tra le parti sociali in sede di contrattazione collettiva, e non ci si dovrà limitare a parlare di retribuzione, ma anche di diritti. Con tutto quello che implica in termini di tira e molla tra sindacati dei lavoratori e associazioni di categoria.
“Lo scenario mostrato dall’Istat – specifica l’On. Mura – ribadisce che la strada di una giusta retribuzione passa attraverso una serie di misure, tra cui sicuramente il taglio del cuneo fiscale e misure contro la precarietà, ma adesso l’emergenza è la lotta alla povertà e un aumento dei salari”. L’ipotesi di aumentare i salari riducendo il cuneo fiscale o alleggerendo il prelievo fiscale e contributivo sui salari lordi (che oggi si attestano sull’80% della retribuzione) sembra tra l’altro piacere anche a Confindustria.
Vedremo. Ma dopo infinite promesse mancate da parte dei politici di turno, nella vigilanza privata bisogna essere come San Tommaso: non credere mai, senza prima aver toccato con mano.
Magari, rinnovare un CCNL fermo da anni potrebbe essere un inizio. Così, per dire.