Business Continuity e Disaster Recovery: opportunità per gli istituti di vigilanza?

24 Ott 2013

di Redazione

In origine gli istituti di vigilanza offrivano servizi estremamente semplici: tutti ricordano i vecchi film in cui le guardie giurate effettuavano il servizio di ronda notturna nelle buie vie delle nostre città, illuminate soltanto dai fanalini delle biciclette degli uomini in divisa.
Erano gli anni del dopoguerra, il tempo del “miracolo italiano” grande crescita economica e importanti conquiste sociali. Allora il fine principale della guardia era quello di sorvegliare l’abitazione o la piccola attività commerciale per scoraggiare i malintenzionati, compiti svolti in modo rudimentale ma efficace, visto anche l’espansione che il settore ha registrato negli anni a venire. Oggi si va ben oltre il servizio ispettivo notturno.
Attualmente gli istituti di vigilanza hanno l’ambizioso obiettivo più o meno dichiarato di contribuire a creare l’ambiente favorevole allo sviluppo dell’attività economica in generale.
Si pensi ad esempio al servizio di portavalori, alla contazione di denaro, alla gestione centralizzata delle segnalazioni d’allarme di intere catene di supermercati.
In questo nuovo scenario non sorprende che alcuni gruppi di istituti, a livello nazionale, abbiano ampliato la loro offerta di servizi introducendo attività di supporto alle aziende come: Business Continuity e Disaster Recovery.

Per imprese sia a controllo pubblico che privato garantire la continuità operativa ed il salvataggio di informazioni vitali, in caso di calamità naturale o di azione dolosa, rappresenta una necessità primaria. Si pensi ad esempio all’ipotetica interruzione improvvisa del servizio di pagamento tramite le carte di credito che tutti noi utilizziamo giornalmente. Oltre a determinare un enorme danno economico per l’azienda fornitrice avrebbe delle pesanti e non del tutto definibili ricadute a livello di ordine pubblico. In tali situazioni l’ancora di salvezza è rappresentata dalla costituzione per tempo di strutture ridondanti che diverrebbero effettivamente operative nel momento in cui la struttura primaria non potesse continuare l’attività.

Da un lato servizi di Disaster Recovery e Business Continuity rappresentano importanti investimenti per gli istituti di vigilanza; dall’altro lato vi è però una sempre maggior attenzione a livello istituzionale.
La norma europea 2008/114/CE, ha l’obiettivo di stimolare i singoli stati dell’Unione ad individuare e proteggere le infrastrutture d’importanza strategica (infrastrutture critiche) il cui collasso porterebbe a gravi conseguenze. Si pensi ad esempio alla rete di distribuzione dell’energia elettrica, ai già citati servizi finanziari, alle telecomunicazione ecc. ecc. Tale norma implicitamente rappresenta un driver importante per lo sviluppo della Business Continuity nel nostro paese.

Gli Istituti di vigilanza privata a tutt’oggi sono i naturali candidati fornitori di tali servizi. Infatti nel momento in cui in una grande azienda venisse invocata la Business Continuity significherebbe che è in pericolo la sua stessa sopravvivenza. In un tale confuso scenario interverrebbe l’istituti di vigilanza che, da un lato, permetterebbe all’azienda di operare attraverso le infrastrutture ridondanti precedentemente costituite e nel contempo garantirebbe quei tradizionali servizi che rappresentano un recinto di sicurezza irrinunciabile per tutta la durata della crisi.

A livello nazionale già qualche grande gruppo di istituti si è attrezzato per offrire servizi di Business Continuity e Disaster Recovery. Naturalmente si tratta di interventi che richiedono un notevole impegno finanziario ed è imprescindibile una stretta collaborazione e una duratura partnership con le grandi aziende desiderose di garantirsi la continuità operativa in qualsiasi scenario.

Simone Pavarin

 

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