La pubblica amministrazione ha debiti per almeno 37 miliardi di euro, pari al 2,5% del PIL nazionale. E i pagamenti vanno da un minimo di 92 giorni ad un massimo di 664 giorni, con i picchi più drammatici nel Mezzogiorno. Per le vischiosità burocratiche della PA, molte imprese (PMI in testa) stanno agonizzando. Anche quelle di vigilanza privata, che sempre non amano farsi mancar nulla. Ne parliamo con Franco Tumino, Coordinatore del TAiiS, Tavolo Interassociativo Imprese dei Servizi
“Il ritardo dei pagamenti delle PA: quale dimensione e quale soluzione”- Questo il titolo del rapporto elaborato da Astrid per il TAiiS e presentato alla stampa lo scorso 15 settembre. Qual è la proposta del Tavolo per risolvere il problema?
Innanzitutto contestiamo che i debiti commerciali della Pubblica Amministrazione ammontino a “soli” 37 miliardi: quella cifra è stata data dal Ministro Tremonti, mentre la stima di tutte le organizzazioni imprenditoriali è di circa 60-70 miliardi, pari al 4% del Pil. Ad ogni modo, verrebbe da dire di darci innanzittutto questi 37 miliardi, poi discutiamo. Battute a parte, la prima proposta contenuta nel rapporto Astrid riguarda proprio la metodologia per quantificare esattamente, ed in pochi mesi, il debito complessivo. Nel merito abbiamo presentato una proposta concreta e sostenibile dal punto di vista dell’equilibrio dei conti pubblici, che in particolare individua nella Cassa Depositi e Prestiti la funzione di pagatore di ultima istanza, in nome e per conto delle amministrazioni debitrici, che restituiranno il prestito ricevuto in un massimo di 10 anni. L’impatto sul bilancio della P.A. non supererebbe lo 0,40% per anno, dunque compatibile con gli equilibri finanziari dello Stato e ben sopportabile di fronte all’effetto macroeconomico positivo che una tale iniezione di liquidità (60-70 miliardi di Euro, come detto) produrrebbe su imprese e famiglie. Inoltre è evidente l’effetto benefico che si avrebbe a livello di riduzione dei costi a carico dei bilanci pubblici: con l’arrivo da Bruxelles, con la nuova Direttiva contro i ritardi di pagamento, di tassi di interesse dell’8% sostanzialmente inderogabili e con un onere per interessi pari al 4% (nella peggiore delle ipotesi), quale costo dei titoli di Stato collocati sul mercato, è evidente che allo Stato conviene indebitarsi al 4% e pagare, piuttosto che pagare interessi passivi all’8%; lo Stato sopporterebbe meno della metà degli interessi che dovrebbero essere riconosciuti alle imprese creditrici in caso di ritardato pagamento.
E come sono state accolte le vostre proposte operative?
La stampa ha dato ampio risalto alle nostre posizioni e proposte, i rappresentanti del Governo e della maggioranza parlamentare hanno latitato, ma eravamo preparati a questa assenza (fino ad oggi non c’è stato un solo Esecutivo che abbia effettivamente accettato di confrontarsi su questo tema). Ma non disperiamo. Rispetto a quando abbiamo iniziato la nostra iniziativa, alcuni anni fa, siamo riusciti, certo grazie anche allo sforzo convergente di altre organizzazioni, a portare questa grave patologia sotto i riflettori, una soluzione non potrà essere rinviata per sempre.
Il TAiiS ha lavorato parecchio dietro le quinte per spingere la nuova Direttiva europea contro i ritardi di pagamento, che dovrebbe vedere la luce il prossimo mese. La direttiva obbliga le PA a pagare entro 30 giorni dalla fornitura del servizio e garantisce al creditore l’immediato recupero del 5% del dovuto, che si andrà a sommare ai maturandi interessi e al rimborso per il recupero dei costi interni. Realisticamente, quanto potrà trovare applicazione questa direttiva nel sistema Italia?
Secondo le indiscrezioni circolate sull’accordo, gli Stati avranno due anni per recepire e applicare la Direttiva (dal momento in cui sarà pubblicata nella Gazzetta europea, il che avverrà dopo l’approvazione definitiva, prevista nella sessione di ottobre o in quella di novembre prossimi). Il comunicato ufficiale emesso a conclusione della trattativa non ne fa cenno, quindi per essere certi sarà prudente attendere la pubblicazione del testo della Direttiva, atteso nei prossimi giorni. Anche per quanto riguarda gli altri contenuti della nuova Direttiva, è prudente aspettare la pubblicazione del testo. Nel frattempo ci si può fidare del citato comunicato ufficiale, emanato a conclusione di una notte di trattative. In esso si dice che il termine per i pagamenti sarà di 30 giorni, per la Sanità sarà di 60, per tutte le altre amministrazioni pubbliche solo in casi eccezionali i 30 giorni potranno arrivare al massimo a 60, che il recupero dei costi di azione per riscuotere il credito è determinato in cifra fissa in 40 euro, e che il tasso di interesse deciso è l’8%).
Strettamente legato al tema dei ritardi, c’è quello degli appalti e delle penalizzanti condizioni di pagamento imposte dalla PA per accedere ai bandi o per beneficiare di punteggi più favorevoli. Avete ottenuto qualcosa in questa direzione?
Nel campo degli appalti si è sviluppata un’interlocuzione molto positiva con l’Autorità di vigilanza sui contratti (appalti e concessioni) pubblici, che ha finora portato, tra le altre cose, ad una “Determina” proprio sui ritardi di pagamento.
Questa determinazione dell’AVCP richiama il quadro normativo esistente, chiarendo che le PA non possono subordinare la partecipazione alle procedure di gara all’accettazione di termini di pagamento, di decorrenza degli interessi moratori e misura degli interessi di mora difformi da quelli previsti dalla legge né prevedere tale accettazione come elemento di favorevole valutazione delle offerte tecniche nell’ambito del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. E’ un importante e coraggioso passo avanti perché la citata Determina, la numero 4 del 7 luglio scorso, ha smentito una tendenza che stava venendo avanti da importanti stazioni appaltanti e un’interpretazione possibilista sostenuta anche da fonti autorevoli (si pensi al parere emanato dalla Corte dei Conti con delibera del 26 marzo scorso). Un paio di passi della Determina ci lasciano perplessi (in particolare l’affermazione che le PP.AA. possano derogare ai tempi di pagamento previsti ove evidenzino in modo specifico le ragioni per le quali non possono rispettare i termini di legge), ma resta il nostro forte apprezzamento per la posizione espressa dall’Avcp.
Sempre agli appalti è dedicato il seminario di Bologna del prossimo 19 ottobre organizzato dalla scuola nazionale servizi e patrocinato del TAiiS. In quella sede parlerete di requisiti di accesso alle gare (capacità economico finanziaria, regolarità contributiva e DURC) e di criteri di aggiudicazione (quindi anche di verifica dell’offerta anomala). Due temi relativamente nuovi per la vigilanza privata. Vogliamo fare un quadro della situazione per il nostro settore?
L’estrema frammentazione del settore, la scarsa volontà e/o capacità di molte committenze pubbliche e private di aprire gli occhi sull’anomalia di tante offerte di servizi che ricevono, così come – a valle dell’aggiudicazione – sulle irregolarità nel trattamento del lavoro da parte delle imprese; il problema irrisolto dei network; la vera e propria giungla di contratti applicati nell’attività di portierato; l’insufficiente quantità e qualità dei controlli: tutto questo sta producendo, come gli operatori sanno meglio di me, un drastico peggioramento della situazione di mercato per le imprese serie e corrette, e, conseguentemente, per i lavoratori e per gli utenti ed in genere per gli stakeholder. Il rimedio principale sta nel promuovere le gare con il metodo dell’offerta economica più vantaggiosa, nel pretendere la massima severità nella verifica delle offerte anomale, nel controllare anche da parte dei committenti la fase a valle dell’aggiudicazione, nel rendere consapevoli le committenze sul rischio di essere chiamati in causa economicamente grazie all’istituto della responsabilità solidale dei committenti (inclusi gli appaltatori nei confronti dei subappaltatori). Penso che il seminario possa dare utili elementi a tutti (imprese, organizzazioni datoriali, sindacati dei lavoratori) in tali direzioni.