Nel mondo ci sono almeno 54 milioni di collegamenti attivi per servizi di televigilanza, che nel solo 2011 hanno prodotto 29 miliardi di dollari di fatturato. Tra i servizi più in voga: monitoraggio allarmi, videosorveglianza, controllo accessi, rilevazione incendi, teleassistenza.
Questo è il quadro disegnato dall’analista britannico IMS Research, che pone gli Stati Uniti in vetta alla classifica globale per fatturato, grazie ad un mercato residenziale molto forte e ad un mercato commerciale in continuo sviluppo. In Europa sarebbero invece Gran Bretagna, Francia e Spagna le teste di serie. L’Italia, manco a dirlo, è fanalino di coda tra i paesi più sviluppati e dimensionati.
Secondo le rilevazioni del Coess, che rappresenta la vigilanza privata a livello europeo, in Italia nel 2011 erano attive 520 centrali di monitoraggio allarmi private, per un totale di 825.000 connessioni (630.000 antintrusione, 50.000 per allarme incendio e 60.000 per teleassistenza).
Un rapporto deludente, se comparato a quello francese, dove a 500 centrali sono collegati un milione e 232.910 utenti.
Clicca qui per scaricare Rilevazioni CoESS su televiglianza e allarmi in Europa 2011
Insomma, da noi il segmento degli allarmi per residenziale e piccoli negozi resta essenzialmente scoperto (o meglio: è coperto come un servizio professionale, quindi di fatto non è competitivo, mentre l’area “small client” richiede strategie e investimenti specifici).
E tuttavia, secondo gli esperti, sarà proprio la televigilanza a disegnare la futura scacchiera della vigilanza privata italiana, e in questo campo le private equities potrebbero giocare un ruolo interessante, stimolando la centralizzazione e un accorpamento di tipo geografico (clicca qui per approfondire).
A favorire lo sviluppo dei collegamenti a Istituti di vigilanza privata contribuisce anche il Decreto Sviluppo, che alza al 50% la detraibilità dall’IRPEF per le spese di ristrutturazione degli immobili con installazione di impianti di videosorveglianza collegati alla vigilanza.