Antipirateria e non solo: alla scoperta di un business che non è da tutti

08 Apr 2015

di Ilaria Garaffoni

Luciano CampoliIntervista a Luciano Campoli, General Manager G7

Partirei dando un perimetro, o meglio un volume, al mercato dell’antipirateria: quanti transiti in aree a rischio vengono operati? E soprattutto: l’antipirateria operata dai privati funziona?

Parto dall’ultima parte della domanda per arrivare alla prima: negli ultimi anni si è registrato un sensibile calo degli attacchi in area, dettato da una serie di concause, infatti – oltre alle missioni poste in essere in ambito militare – si annovera, soprattutto quale deterrente efficace, la presenza degli operatori di vigilanza armata. Attività, la nostra, che è volta non solo alla protezione della nave di specie, ma che soprattutto è operata nell’interesse nazionale, per garantire il libero scambio di merci trasportate delle navi italiane. Ciò nonostante, la legislazione abbisogna di ulteriori modifiche ed integrazioni.
Nonostante i lodevoli sforzi normativi emessi inizialmente mediante il decreto-legge 12 luglio 2011 n. 107, convertito con modificazioni dalla legge 2 agosto 2011 n. 130, si è infatti giunti all’attuale D.L. 266/12, che a breve verrà ulteriormente modificato con l’uscita dalle operazioni della Marina Militare. In media le navi italiane svolgono quotidianamente decine di transiti in aree a rischio: la maggioranza di questi ultimi è stata protetta dalla Marina, unitamente alle realtà autorizzate nel settore, tra cui G7, che ha espletato assieme alla Marina la maggior parte delle operazioni di protezione. C’è però da constatare che è ancora alto il numero delle navi italiane che non opta ufficialmente per la protezione, vuoi perché la nave, assieme alle Best Management Practies, è garantita da una velocità tale da potersi mettere in salvo in caso di attacco, sia perché esistono altre realtà che preferiamo definire “sconosciute”. Su questo aspetto andrebbe fatta rapidamente chiarezza, e non solo per i gravi profili legislativi di carattere penale, legati ad un possibile utilizzo illegale di armi, oltre ad ulteriori reati raffigurabili sempre in campo penale. Occorre pertanto che ci sia l’opportunità affinché venga individuata un’autorità preposta a vagliare la regolarità dei team imbarcati a bordo delle navi. Sappiamo che la nostra associazione di categoria UNIV si è attivata e che a breve il Ministero dell’Interno potrebbe trovare la soluzione più consona e opportuna.

Vogliamo entrare nel dettaglio delle novità che hanno interessato questo particolare settore?

Oltre al DM 266 del 2012, che come abbiamo già detto ha inizialmente consentito agli armatori di optare per la presenza a bordo delle loro navi dei marò o in alternativa delle guardie giurate, di recente è stata sancito il termine delle operazioni di protezione da parte della Marina, lasciandolo di sola pertinenza al settore privato. Ulteriore novità è la proroga al 30 giugno 2016 del termine entro il quale si potranno impiegare le guardie giurate che non abbiano frequentato i corsi teorico-pratici, ma che abbiano operato almeno sei mesi in missioni internazionali tra le Forze Armate. A partire dal 1 maggio 2016, insomma, il servizio antipirateria sarà svolto interamente da guardie giurate “certificate”. Coloro che vogliono da subito avvicinarsi a questo settore potranno rivolgersi a G7 Academy, che a breve partirà con i corsi di formazione.

Cosa prevede il corso di formazione?

Secondo il disciplinare del DM 154/2009, le strutture formative – anche private – per addetti ai servizi di sicurezza sussidiaria possono occuparsi anche di pirateria marittima, purché dimostrino di avvalersi di formatori esperti e in possesso dei requisiti richiesti. G7 Academy, braccio formativo di G7, vanta un’esperienza profonda e pienamente certificabile e Sicurservizi, società di servizi di Federsicurezza, intende mettere in campo assieme a noi un corso pienamente strutturato. Il corso che somministriamo è propedeutico a frequentare i due successivi organizzati dalla Marina e dal Comando Generale delle C.P.: solo al termine di questi 3 moduli l’operatore verrà sottoposto ad esame finale da parte di una commissione esaminatrice.
Ci tengo però a chiarire che G7 Academy non forma solo guardie giurate, bensì si occupa di Security a 360°, infatti – tra i vari corsi che offriamo alle tante aziende italiane che hanno personale in aree a rischio – proponiamo corsi di travel security, CISM (Critical Incident Stress management), guida veloce ed altri. Abbiamo inoltre il comparto che si occupa di Risk Analysis e Intelligence, che – attraverso la stesura di report e la produzione delle cosiddette schede paese – consente di pianificare e approfondire in anticipo le tante criticità presenti nei Paesi in cui operiamo. In esse vengono elaborate in primis gli usi e costumi del luogo, oltre alle raccomandazioni determinanti per non incorrere in incidenti che potrebbero, in taluni casi, rivelarsi anche fatali.

Tornando all’antipirateria: se si svolgono – come si legge – solo 80 transiti al mese, non si rischierà di sfornare migliaia di superguardie per poi gettarle nel già saturo mercato della disoccupazione?

“Solo” 80 transiti non è forse l’avverbio più appropriato. Infatti con l’uscita della Marina dall’operatività, e soprattutto alla luce degli aspetti geopolitici contingenti, le posso garantire che ci sarà sempre più domanda di sicurezza “specializzata”.
Comunque, tengo a chiarire ulteriormente che questa non è un’attività rivolta ai “Rambo”: richiede infatti una serie di requisiti, sia di carattere psicologico che di equilibrio comportamentale. Pensiamo solo alle operazioni di trasferimento, che richiedono una certa predisposizione a sottoporsi dapprima ad un lungo viaggio aereo, e successivamente al trasferimento presso le floating armories (le cosiddette “armerie galleggianti”: sorta di navi albergo dove gli operatori soggiornano prima di essere imbarcati sulla nave con la quale effettueranno il servizio di protezione). Premetto che il trasferimento avviene con la nave in movimento, pertanto anche tale operazione è alquanto “dinamica”, dovendo trasbordare anche gli equipaggiamenti (dotazione personale inclusa, ossia: elmetto, giubbotto antiproiettile, visore notturno, collegamento radio, arma lunga).
Alla luce di quanto le ho detto, credo quindi di poter rispondere che il personale che supererà gli esami non dovrebbe trovare grossi ostacoli all’impiego.
E sia beninteso: per G7 la formazione non è il core business, è solo uno strumento per reperire il personale predisposto ad integrarsi in una realtà seria di fatta di professionisti.

Assumerete, dunque? E assumerete italiani?

Possiamo dire che con il Jobs Act stiamo già assumendo, reinserendo peraltro nel mondo del lavoro personale ex VFP già formato, proveniente dalla Difesa.
Per ora la maggioranza del personale è italiano e intendiamo continuare su questa strada. Quale azienda leader del settore della sicurezza in Italia, aderiamo ad un principio legato al “sistema paese” nel quale, con orgoglio nazionale, legittimamente operiamo.

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