La golena è il terrapieno che contiene le piene dei fiumi. Con questa allegoria il Presidente di ConFederSicurezza e UNIV si riferisce al fiume di iniziative della Procura milanese che ha sommerso la vigilanza privata, assieme a quel che resta dei principi del diritto del lavoro, il cui unico argine sarebbe il TAR di Milano. L’autore ne ha un po’ per tutti: dalla scelta di far intervenire la GdF al posto dei Carabinieri, alla considerazione ministeriale dei Commissari Giudiziali quali parti sociali, fino all’ostinato arroccarsi di certe Associazioni dietro ad un CCNL che ormai è carta straccia. E ovviamente ce l’ha con la committenza pubblica che pubblica gare d’appalto a prezzi indegni. Queste le amare considerazioni di Luigi Gabriele su un settore in agonia.
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In memoria di una golena
L’estate sta finendo ma problemi idrici non ne abbiamo, visto che il perenne ed impetuoso fluire del fiume penale ha sommerso e sommerge la golena, riarsa, del diritto del lavoro. L’unico argine che ha tentato la tenuta è stato quello del Tar di Milano, che, correttamente in punto di diritto, ha inteso rimarcare il confine tra norme ed editti.
Al di là del già ricorso alle Fiamme Gialle piuttosto che al Comando dei Carabinieri per la tutela del lavoro, restano dubbi non tanto etici quanto giuridici sulla fondatezza delle iniziative che tanto travaglio hanno provocato nei mass media (rectius strumenti di disinformazione quotidiana).
Chissà, avendo forse il Dicastero un tempo competente per materia (l’Interno, ndR) voluto elevare (volutamente?) gli staff commissariali al rango di parte sociale, dovevamo aspettarci questo prefinale da crepuscolo degli dei ed il sorgere della nuova alba radiosa dello ius puniendi.
Di fatto, lo stesso Dicastero, nel corso della defatigante tornata del rinnovo, non ha davvero sudato le proverbiali sette camicie per aiutare il difficoltoso parto, pur tentando, ai tempi supplementari, di farsi venire qualche idea ad adiuvandum, purtroppo senza concreto costrutto.
Di fatto, in sette e passa anni, pur in presenza di richieste dirette ed all’italiana maniera avanzate, mai ha ritenuto di aprire il famoso tavolo, quello che c’era una volta, quando la Divisione di riferimento metteva a disposizione fior di competenza tecnica per istruire un processo di avvicinamento delle posizioni, non opposte, ma solo non convergenti…
Di fatto mai nulla di realmente costruttivo è avvenuto ed alla fine le stanche, esaurite, parti sociali, pur avendo voluto metterci la faccia, stanno, giorno per giorno, sotto il martellare dei cattedratici della disinformazione, perdendo la suddetta schiaffeggiata faccia, non avendo più guance alternative da porgere.
Di fatto nessuno, se non gli addetti ai lavori, sa cosa veramente sia successo, quanta acqua si è pestata in un mortaio di idee contrastanti, quanto ha pesato, ahimè, il voler difendere posizioni di “predominio” o, udite udite, diritti d’autore!
Con questo poker di situazioni era impossibile non finire nel tritacarne mediatico, nel quale però manca il pezzo pregiato, cioè il filetto della committenza, particolarmente quella pubblica.
E così il sugo è venuto male, acido e troppo liquido, e la brigata dei cuochi, tanti e fintamente d’accordo, non trovano da dire altro se non, alcuni con veemenza tipica dei cittadini di Domremy (ndR, città natale di Giovanna d’Arco), il contratto è mio e, identificandosi fisicamente con lo stesso, “noli nos tangere”, pena la lesa maestà.
Cosa mai può sperare chi osa pensare che, forse, ora è il vero momento di far finalmente vivere quel tavolo e vedere le Parti al naturale e non condizionate dai rispettivi equilibri interni…Forse un po’ di scapigliatura ci salverebbe: Cletto Arrighi, se ci sei batti un colpo per noi, nel nome di un vivificante boèhme.
Luigi Gabriele
NdR: Il movimento letterario della Scapigliatura, nato per sfidare la morale borghese, è coniato da Cletto Arrighi (anagramma di Carlo Righetti), che con il termine bohème si riferiva all’anticonformismo degli artisti francesi, riconoscibili dalla tipica capigliatura ribelle.