Imponente la mobilitazione delle guardie giurate (operatori di vigilanza privata ma anche servizi fiduciari) indetta da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs UIL lo scorso 4 maggio per rivendicare condizioni normative e salariali più dignitose e la rapida definizione di un nuovo CCNL, il cui rinnovo è fermo ormai da oltre due anni. Massiccia l’adesione, con una media nazionale del 70% e punte del 90% a Milano, Como, Varese, Torino, Bologna, Roma, Bari, Napoli e Palermo. A Roma si sono concentrati 5mila lavoratori in Piazza Santissimi Apostoli per abbattere la cortina di silenzio che da sempre circonda questa categoria e le sue istanze.
“Senza contratto non c’è sicurezza” – recitavano gli striscioni.
Secondo Filcams CGIL, Fisascat CISL e Uiltucs UIL, le richieste dei rappresentanti datoriali sarebbero infatti irricevibili, in quanto palesemente peggiorative e mortificanti.
Qualche esempio: aumento dell’orario a 45 ore settimanali per il piantonamento (con giorni consecutivi di lavoro che passano da sei a dieci), ribassi sul costo del lavoro (eliminazione dei primi tre giorni di malattia e totale indisponibilità a parlare di aumenti salariali), introduzione di nuove inquietanti forme di precariato (lavoro a chiamata/intermittente e flessibilità del jobs act), nessuna garanzie per i cambi d’appalto – in un settore che vive di appalti.
Il tutto in un clima di mercato che comunque non vede la sicurezza privata in netta recessione, come accade invece ad altre realtà italiane.
E tuttavia si registra una selvaggia corsa al ribasso: fioccano contratti pirata, siglati da fantomatiche associazioni datoriali e sindacati con rappresentanze alquanto discutibili, dove le condizioni salariali e normative vengono ulteriormente svendute, e fioriscono figure improvvisate e prestazioni occasionali in un settore che richiederebbe, al contrario, un’altissima specializzazione. Non foss’altro che per le responsabilità e per i rischi connessi al lavoro stesso.
“Noi facciamo sicurezza!” – rivendicava uno striscione. Pare banale, ma è questo è il nocciolo della questione: fare sicurezza non è per tutti, non a qualunque prezzo, non in qualunque condizione fisica, ambientale, psichica, contrattuale. La triste realtà è invece che il legislatore, le autorità tutorie, le imprese e spesso anche l’utenza – inclusa quindi la cittadinanza – non lo sa.
O fa finta di non sapere quanto siano essenziali i 70.000 addetti di questo settore per la produzione di sicurezza nell’intero sistema paese.