Steward “urbani” per controllare il territorio: e la vigilanza privata?

24 Nov 2020

di Ilaria Garaffoni

Un DDL della Regione Friuli Venezia Giulia in materia di sicurezza e polizia locale affida agli “steward urbani” le attività finalizzate a migliorare la percezione di sicurezza della cittadinanza, facilitare la fruibilità e la vivibilità degli spazi pubblici. Queste figure dovranno operare entro i limiti individuati dalla norma nazionale, con compiti sussidiari e sotto la direzione della polizia locale. Ok, ma perchè gli steward, che dovrebbero stare negli stadi? E a proposito: chi sono gli steward “urbani”? Quali competenze hanno? Siamo d’accordo che queste forme di controllo del territorio non siano propriamente servizi a tutela dei beni mobili e immobili (che sarebbe la tipica attività delle guardie giurate), ma tanto meno possono essere assimilabili ai servizi di sicurezza negli stadi (che sarebbe il territorio elettivo degli steward) o ai controlli nei locali di pubblico spettacolo (che sarebbe appannaggio degli ex-buttafuori). E in questo DDL a noi sembra che si parli – vogliamo chiamarla con il suo nome? – di protezione della persona. E’ stato dunque sdoganato questo totem?

“Sarebbe l’ora…Anche se queste funzioni, in alcuni casi oggettivamente nuove (come il controllo del social distancing o dell’uso della mascherina), sono per la maggior parte dei casi già state ampiamente trattate dalla vigilanza privata – dichiara Luigi Gabriele, Presidente di UNIV, Unione Nazionale Imprese di Vigilanza Privata, e di Federsicurezza aderente a Confcommercio.

Le funzioni di controllo sussidiario del territorio, per restare nel tema del DDL della Regione Friuli Venezia Giulia, sono state già messe in atto su diversi piani con la sigla dei vari protocolli Mille Occhi sulle Città, che affidavano queste funzioni alle guardie giurate. In modalità naturalmente sussidiaria alle forze dell’ordine e quasi sempre, diciamolo, a rendita zero per le imprese. Spiace quindi vedere che queste funzioni vengano oggi affidate ad altre figure. Se si tratta di un tema trasversale a più professioni, allora ragioniamo sulla trasversalità, purchè però ragioniamo su figure che diano garanzie di requisiti soggettivi, professionalità e formazione specifica, evitando di rivolgerci – come in altri casi è accaduto – ad improvvisati, volontari o percettori di reddito di cittadinanza” – conclude Gabriele.

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