Cos’è il duty of care? Cosa c’entra con il travel security manager? Come si può garantire la sicurezza in viaggio del personale in un mondo sempre più globale e governato da tensioni geopolitiche? Come tutelare lavoratrici donne o dipendent* LGBTQ+? In caso di incidente, chi ne risponde? Ne abbiamo parlato con Paolo Furlan, Direttore di San Giorgio Formazione.
Parliamo di security management e di duty of care, tema assai complesso. Partirei quindi dalle definizioni.
Il duty of care (o dovere di diligenza) è il dovere del datore di lavoro di tutelare la sicurezza fisica, mentale e in generale il benessere del lavoratore in ogni circostanza, compreso quando è in viaggio. Riguarda tutte le aree a rischio, sia fisiche che non: salute e sicurezza, cibo e bevande provviste dall’azienda, normativa antincendio antisismica, discriminazione (di genere, orientamento sessuale, razza etc), stress, violenza. In particolare nel contesto di viaggi di lavoro: disastri ambientali, situazione di malcontento nella popolazione, scioperi, emergenza di sanità pubblica, problemi/interruzioni di trasporto.
Da dove nasce questo dovere e che finalità ha?
Tenere le persone fuori dal pericolo, ovviamente, e al contempo creare un ambiente di lavoro sicuro che rafforzi fiducia, fedeltà e fidelizzazione. Ma adottare misure preventive e reagire rapidamente alle crisi aiuta anche a mantenere la continuità aziendale, che è un obiettivo fondamentale, oltre ad essere un requisito legale riconosciuto e applicato in tutto il mondo.
Quale figura professionale si occupa di questa attività?
Travel manager, società di gestione viaggi, leader finanziari, team di sicurezza, HR, professionisti del rischio e della conformità: è compito di un’intera organizzazione collaborare a fornire un Duty of Care di qualità. E’ una responsabilità troppo complessa da gestire con una sola persona o un solo reparto.
E in che modo si concretizza si concretizza l’obbligo di Duty of Care? Cosa deve fare l’azienda?
Ormai quasi tutto porta con sé una forma di rischio, è quindi impossibile eliminare completamente i rischi correlati ai viaggi. Il meglio che un’organizzazione possa fare è essere pronta all’imprevisto. Una parte importante di ciò deriva dalla disponibilità degli strumenti, dei partner e dei dati necessari per fornire un buon Duty of Care.
E quali sono, in tempi di prenotazioni autonome del dipendente e piattaforme online?
Li potrei sintetizzare in questo modo: tecnologia (strumenti di gestione del rischio nei viaggi facilitano il monitoraggio dei dipendenti in trasferta, permettendo di localizzarli rapidamente in caso di emergenza); preparazione al peggio (garantendo una formazione adeguata per affrontare situazioni critiche), supporto 24/7 ai viaggiatori, assicurando la presenza di un referente aziendale in caso di necessità. E naturalmente accessibilità della policy, che deve essere redatta in modo chiaro e resa disponibile a tutti i dipendenti.
Ha accennato ad una policy da scrivere: di che si tratta?
Il concetto di duty of care rappresenta l’obbligo legale ed etico di adottare strategie e misure volte a ridurre i rischi a cui i viaggiatori possono essere esposti durante le trasferte. L’implementazione pratica di queste misure, e quindi il rispetto del duty of care, avviene attraverso processi e metodologie racchiusi in un documento strutturato noto come Travel Risk Management Policy. Poiché il duty of care comprende tutte le potenziali aree in cui possono emergere rischi durante i viaggi, è necessario condurre un’analisi approfondita volta a valutare i rischi specifici associati a ciascuna destinazione o circostanza. Questo studio preliminare rappresenta un passaggio fondamentale per sviluppare un piano di azione mirato ed efficace.
Le attuali tensioni geopolitiche ci consegnano un mondo dove il rischio è ormai esteso pressoché ovunque. In questo scenario, lavoratrici donne, dipendent* della comunità LGBTQ+ e altre minoranze possono essere soggetti a minacce specifiche. Come si configura il duty of care in questi casi?
Come nel caso della travel risk management policy, è essenziale che chi si occupa di redigere il Duty of Care sia ben conscio del fatto che persone diverse che viaggiano in diverse parti del mondo possano avere esigenze diverse e correre rischi diversi. Pensiamo solo a un dipendente LGBTQ+ che debba viaggiare in un paese dove non solo il matrimonio gay non è legalizzato, ma è considerato un crimine, oppure ad una dipendente donna, che in molti paesi del mondo non gode delle stesse libertà e degli stessi diritti garantiti dalla cultura occidentale.
Come procedere dunque?
Il lavoratore va tutelato in ogni circostanza possibile, al di là del semplice calcolo del rischio. Di cosa tenere conto? Innanzitutto occorre interiorizzare la comunità locale (attenzione alle tradizioni locali, dall’abbigliamento all’alimentazione), essere sicuri delle persone con cui si dialoga e in generale non condividere troppo, tenere un profilo basso e ovviamente valutare i potenziali rischi di un viaggio in paesi poco tolleranti accertandosi di avere una rete di supporto nel caso succedesse qualcosa. Essenziale in tal senso rimanere sempre connessi con dispositivi che possano connettersi a reti internet non locali per poter accedere a qualsiasi servizio di comunicazione. Quanto al Social engagement, è bene informarsi su quali app di dating utilizzare in determinati paesi perché alcune non sono sicure.
Ultima domanda: in caso di incidente, che responsabilità sono previste?
Partiamo dall’articolo 2087 cod. civ., che sancisce l’obbligo per l’imprenditore di adottare tutte le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica risultano necessarie al fine di tutelare l’integrità fisica e morale dei lavoratori. Obbligo non riducibile ad un mero “non fare”: il datore di lavoro deve infatti adottare tutte le misure necessarie affinché l’attività produttiva venga esercitata minimizzando il rischio di pregiudizio per la vita e la salute dei lavoratori. Il datore di lavoro non deve creare fonti di rischio e, avendo una posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori, deve farsi parte diligente nello svolgimento della propria attività tenendo in considerazione alcuni fattori, quali: la particolarità del lavoro, in relazione alla quale si individuano i rischi anche specifici; l’esperienza, grazie alla quale si prevedono le conseguenze dannose e la tecnica, che si evolve in base alle nuove conoscenze in materia di salute e sicurezza.
E il d.lgs. 81/2008?
In tema di responsabilità del datore di lavoro viene in rilievo anche il d.lgs. 81/2008 (Testo Unico in materia di igiene e sicurezza del lavoro). Però, È bene però chiarire che, pur se al datore di lavoro venga imposto di adottare tutte le misure necessarie, indipendentemente dal fatto che siano esplicitamente previste da una norma di legge, la responsabilità in capo a costui non rientra tra i casi di responsabilità c.d. “oggettiva”, ma essa necessita dell’elemento soggettivo della colpa o del dolo. La colpa, intesa come difetto di diligenza nella predisposizione delle misure idonee a prevenire ragioni di danno per il lavoratore, rappresenta l’elemento principale della responsabilità datoriale, così come il rispetto delle misure preventive accolte negli standard del settore di appartenenza, Cioè si applica il principio del livello di sicurezza generalmente praticato nell’ambito della mansione lavorativa, tenuto conto, altresì, della realtà aziendale nel concreto.
Quindi solo il datore di lavoro è imputabile?
In caso di violazione dell’obbligazione di tutelare l’integrità fisica e morale dei lavoratori, ne risponde innanzitutto il datore di lavoro in qualità di responsabile dell’impresa o dell’unità produttiva e titolare dei poteri decisionali e di spesa, in base al principio di effettività (art. 2/1, T. U.
Sicurezza). Ma ai fini di questa responsabilità il concetto di “datore di lavoro” non va inteso strettamente in senso civilistico e giuslavoristico: ciò che rileva al fine di creare la qualità di datore di lavoro, e quindi la posizione di garanzia, sono il potere di decidere e quello di spendere.
Quindi anche il security manager?
Il soggetto gravato della posizione di garanzia – che potrebbe benissimo essere anche un Security Manager – può condividere quest’ultima con altri individui tramite deleghe di funzioni, assoggettate tuttavia a rigorosi vincoli – che, comunque, non hanno mai condotto alla totale esclusione della responsabilità del delegante qualora questi non avesse esercitato appieno i residui poteri di controllo sul delegato.
Inoltre il d.lgs 231/2001 ha introdotto la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato. Tra i reati presi in considerazione da questa norma vi sono l’omicidio colposo e le lesioni colpose, gravi e gravissime commessi in conseguenza della violazione di norme antinfortunistiche per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Affiancando l’ente alla persona fisica, si è così allargato il novero dei destinatari delle fattispecie incriminatrici poste a salvaguardia della salute e della sicurezza dei lavoratori e, quindi, dei soggetti potenzialmente responsabili.
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